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Channel: Elisabetta ricami a mano
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Ritorno alle origini

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Qualcuno sarà contento... 

Mi si rimproverava di aver abbandonato il ricamo in bianco e quelle belle cifre imbottite.

Anch'io evidentemente ne sentivo la mancanza, ma il passaggio di questo momento è più complesso. Mi sento un po' sbandata... Ogni cambiamento mi impone un periodo di assestamento sempre più lento e non so se è colpa dell'età, oppure di questa fissità domestica da reclusione e annullamento degli impegni. Fatto sta che la testa mi si è svuotata: l'entusiasmo per gli obiettivi futuri si è sgonfiato come un palloncino bucato e vivo una quiete fatta di routine domestica, temporeggiando.

Ho ridipinto un paio di porte vecchie e mi è tornata la voglia di ordine e decoro. Mi sono imposta di fare quelle tende che progetto da dieci anni (come possono essere passati così, in un soffio?). Forse il non luogo, e tutto questo periodo strano, hanno rallentato la mia corsa e provo ad assecondare questo ritmo lento, d'altronde molto in mood natalizio.

Ho anche comprato un nuovo PC e questo non è un bene. Mi blocca trovare i nuovi comandi e adattarmi ai nuovi spazi. Salto da quello vecchio a quello nuovo, salvando ora qui e ora là e poi non trovo più niente. Per ritrovare le foto di questo post qualche parolaccia è scappata. 

La stampante rischia una martellata.

Ma torniamo a noi e al ritorno al passato. Degna delle origini ritrovate è la fonte, sgorgante direttamente dall'Antique Pattern Library, che in questi lunghi anni è diventato un contenitore di meraviglie sempre più traboccante.

Lì avevo trovato uno dei più bei libretti sulle iniziali, intitolato Album d'alphabets et monogrammes, scaricabile direttamente a questo link: http://www.antiquepatternlibrary.org/pub/PDF/B-YS078AlbumAlph2.pdf



Ho cercato gli altri numeri, ma ho ho trovato qualcosa solo in qualche bancarella online. Avevo già usato due degli alfabeti proposti e sognato su quei  monogrammi così ben disegnati. Ci sono tutte le combinazioni...


Ho disegnato la ES e la MF, stampandole e circa 7,5 cm di altezza. 





Un ritorno alle origini degno di tale nome, presuppone anche un pessimo ricamo. E così è stato. Non ve lo fotografo da vicino perché ne va della mia reputazione. Ma accetto il flusso. E' così che deve andare. Pago lo scotto di non averne più fatte da un po'.
Sto usando un cotone floscio che avevo nel cassetto. Ve ne parlerò meglio la prossima volta, perché urge un campione di confronto col cotone da ricamo normale. La sensazione è che venga meno regolare (eh, eh... Sto già cercando una scusa...), ma che antichizzi in modo gradevole il pezzo.
A breve per ragguagli più precisi!




Sfilature pigre

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Sono arrivata in fondo. 

In tutto circa tre settimane, ma rallentate dal tour compleanni e Santa Lucia, che mi esaurisce ogni anno.

Il secondo monogramma un po' meglio del primo, ma insomma ancora non sono tornata nella mia piena forma. Vi confesso che aver perso così tanta mano mi ha un po' spaventato. Combatto da un po' con la spalla destra malconcia e già ero preoccupata di trascurarla e di finire prima o poi senza un braccio, condannata a ricamare coi piedi come fanno con la pittura alcuni mitici personaggi. Si lo so... Ho anche il sinistro. Ma mi sa che i piedi sono più abili.

Augurandomi che il braccio duri ancora qualche altro anno, qui oggi volevo parlare della mia sfilatura pigra. Cioè... Più pigra sarebbe stata quella col mio solito mezzo giuliccio, ma mi sentivo in dovere di fare uno sforzo, seppur minimo. Giusto per non sembrare troppo banale in questo periodo di grigio grigiore. Così ho optato per un colonnine intervallato da un mezzo giliuccio (aspetta...) e una colonnina a rammendo coi pippiolini.

Se fossi stata virtuosa, la sequenza si sarebbe ripetuta senza intervalli a colonnine... Avevo l'angioletto bianco e biondo sulla spalla destra che mi sussurrava che sarebbe stato tutto più bello e prezioso, il diavoletto rosso col naso paonazzo su quella sinistra che sibilava Ma sei matta! Non sfilare neanche!

Così ho preso una strada di mezzo, che mi consentisse di non far tornare i conti ai fascetti (perché è questa la condanna a cui non volevo andare incontro - oltre alle ore di rammendo e di pippiolini). Dunque ho sfilato, preso il mio metro e calcolato gli intervalli. Là dove cadeva lo spillino, si sarebbe fatto il terzetto mezzo giliuccio, rammendo, mezzo giliuccio. Stranamente, sono pure tornati i conti (14 colonnine di scarto, con solo un errore trascurabile su un'unica tenda). Alla fine devo dire che l'ho pure trovata interessante. Semplicina, con quel ché in più. Non vi fotografo il rammendo. Non avevo voglia di andare a scovare dove era finito il telaietto e ho tenuto tutto in mano...



Goldwork weekend... Finito!

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E così sono arrivata alla fine.

Sono ovviamente contenta, ma mi affatica l'idea di iniziare qualcosa di nuovo. 

Perché i goldwork weekend non devo proprio mollarli... La formula è vincente: nonostante la lentezza, l'appuntamento garantisce la progressione e la pausa settimanale riaccende l'entusiasmo. 

Ora tocca ad un progetto personale, anche se non mi sento affatto pronta. So che ci metterò un sacco di errori, ma voglio usare un po' di quei materiali accumulati e tornare agli alfabeti.

Scorro i libretti trovando ogni volta una scusa per accantonarli. Scrivo qui proprio per darmi un ultimatum. E' due settimane che ho finito questo RSN e che temporeggio. Ho perso un fine settimana in indecisione. 

Credo che disegnerò in successione delle lettere, prese da alfabeti diversi, senza un fine preciso. Altrimenti non partirò mai. Sarà l'ennesimo campionario, ma è quello che ci vuole in questa fase.

Tanto ho avviato il tormentone pratico delle tende, che mi terrà occupata in modo un po' più produttivo durante la settimana. Sabato intelaierò un pezzo di lino ecru.

Ma intanto ecco l'ultimo nato. Per chi non avesse seguito la storia del farfallone verde-azzurro, questo è il campionario del corso online della Royal School of Needlework, disegnato e condotto da Chrissie Juno Mann. Specifico che ho alterato un po' il progetto originario, riempiendo le foglie più grandi a punto pittura, anche se non era previsto. 

Se siete alle prime armi, consiglio di partire dal primo corso di Becky Hogg e poi di accedere a questo. Mandano il kit completo non appena si acquista il corso.

Sono davvero alla portata di tutti e i video hanno una qualità eccellente!




Floche versus Cotton a broder

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Ho fatto questo campione perché volevo confrontare il Cotton floche a broder col normale Cotton a broder (art.107 di DMC), comunemente chiamato il 25 (almeno dalla mie parti).

Ho scoperto che Mary Corbett ha un dossier a proposito e vi giro qui il post più tecnico, per avere un confronto diretto sulla struttura del filato: https://www.needlenthread.com/2014/02/cotton-floche-vs-coton-a-broder-up-close.html

Purtroppo la mia foto non dice granché. I dettagli di luce col bianco si perdono.
Ve li racconto, anche se regna in me la confusione e ho forti perplessità. In verità potrebbe essere che l'abitudine giochi brutti scherzi e che la mia diffidenza verso il floche sia simile a quello che nasce nei confronti di un nuovo fidanzato, mentre non sai se mollare quello vecchio. No, vabbè. Il paragone non calza. Meglio il fidanzato nuovo di quello vecchio.
La E è ricamata col floche, che è un 16, ma in realtà è del tutto paragonabile al 25. E' meno ritorto e più floscio, ovviamente. La mia sensazione è che sia talmente morbido, che anche l'imbottitura, poveretta, si trovi a soccombere sotto la piastra del ferro da stiro, schiacciandosi un po'. Bisogna però ammettere che ha un vantaggio interessante: i fili, posandosi, si aprono... E coprono di più gli interstizi dei punti in curva. L'effetto finale è quello di una superficie uniforme, in cui ciascun filo si confonde al successivo e la prima sensazione che ho avuto è da biancheria in bianco della nonna. Emana un gradevole effetto vintage. Non me lo spiego del tutto.
La S è ricamata col cotton a broder e la vera differenza sta nella confidenza che ho maturato negli anni con questo filato. Lo trovo saldo e brillante e la luce che mi restituisce nella posa dei fili è quella su cui ho maturato il mio personale target di fatto bene o male. Sono di parte. Col broder so come tirare in relazione alla tenuta dell'imbottitura, mentre col floche mi accorgevo di andare un po' sgangherata e a spanne. Ma credo che la colpa non sia del filato, ma in quella mia peculiare scarsa adattabilità di cui vi parlavo in qualche mio precedente post. Però solo il tempo ci dirà chi spela di più.
Morale della favola... Devo concedergli un'altra possibilità. Ho un azzurretto floche da infilare tra le pieghe di un azzurro broder più intenso. Ho disegnato un paio di cifre che mi terranno occupata per tutti gli anni che mi restano. A breve...

Sajou 344 - Un poco al giorno, un filo corto

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Prima che finisse l'anno, dovevo proprio provarci...
Non so se riconoscete l'alfabeto: è quello su cui ho allestito le lettere del mare, sfrondando e ripiegando le foglie d'acanto, per riplasmarle in onde. Il Sajou 344, che potete trovare sul patternmakercharts.



Mi chiedevo quanto sarebbe stato impegnativo ricamarle a punto pieno e, in preda all'ottusità di fine anno (che ormai registro da un decennio, fatta di necessità di riordinare i cassetti e vuoto mentale), ho disegnato una A e una M per i due tendoni della camera dei bambini/ragazzi/mostri. Cotone da ricamo n.25, DMC 932.

Tutta a telaio su bisso di lino. Pensavo di morire.

Invece vi confesso che lentamente le mani tornano a fare il loro dovere e la tela quasi non si distingue dal lino solito. Spero solo che il telaio non lasci il segno. Vi farò sapere. 

Un poco al giorno, mi è bastata una settimana e anche meno. Finalmente mi sono liberata dalla frustrante voglia di vedere il lavoro terminato e mi concedo il piacere del movimento. Ho preso pure a fare tagli di filo cortissimi e questo mi preoccupa un po', perché se divento troppo virtuosina e precisina mi faccio antipatia da sola. Ma non c'è pericolo. Duro poco...

La fase uno è completata. Adesso recupero un floche azzurrino per le fogliette e i nodini, che devo avere in una qualche scatola in un qualche cassetto di un qualche armadio. 

Per fortuna è il momento buono per le ricerche...


Floche versus Cotton a broder - secondo tentativo

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Non so. 
Mi sento più a mio agio col broder che col floche. Confermo la prima sensazione che argomentavo un paio di post fa.
Ma prendetelo come un mio limite. 
E' che il floche mi ricorda il broder che si consuma verso la fine della gugliata. Forse riuscite un po' a vederlo nella foto più sopra. Nel corpo dell'iniziale i fili sono visibili e ritorti, nelle fogliette è come se il filo si fosse aperto.
Poi sono un po' arrabbiata perché l'azzurrino me lo ricordavo più azzurro. Invece è molto chiaro e non mi piace in accostamento al 932. Comunque era interessante provare e così rimarrà.

Io penso che il punto stia nell'abituarsi, ma non trovo curioso fare lo sforzo supplementare di prenderci mano. Anche perché mi sono venute certe idee strane, che devo assolutamente mettere in opera.
Morale della favola: io continuo col 25, per ora. Ma l'importante è fare esercizio, qualsiasi filato si scelga.
I nodini negli spazi tornerò a farli col 932.



Finita la A, si va di M

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Ero preoccupata. 

Pensavo che tutti quei nodini avrebbero affogato le mie belle onde, vanificando lo sforzo di giorni.

Invece la luce si infrange sullo stesso colore, ma i nodini la intrappolano, mentre le onde la riflettono pulita. Ricordo ad un corso una signora stupita che io continuassi a parlare di luce. Solo allora mi sono accorta che vado in cerca di un riflesso e che la mia sfida cade continuamente sulla costanza di quel riflesso.

Ovviamente e fortunatamente di strada ce n'è ancora da fare. Però questa è andata. Mi toccano ora circa 6 metri di orlo a giorno e la tenda gemella, con una M.

Mentre però agli sgoccioli del 2020 il cervello era ottuso e rischiava l'essicazione, ora un po' di idee iniziano a frullare e so di correre il rischio di perdermi. 

Confesso. Mi sono già persa. Ho iniziato, e quasi finito, un paio di iniziali che con esile e struggente vocina mi chiamavano e invocavano di essere strappate dalla cartella, prima che l'albero di Natale venisse smantellato e la tovaglia rossa riposta. 

Vi aggiornerò.




Goldwork weekend... Alla fine dell'alfabeto, qualcosa avrò imparato!

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E' arrivato il momento di provarci da sola. 

E infatti ho avuto un paio di fine settimana di delinquenza, presa dalla paura di fallire miseramente. 

Il primo ho passato in rassegna tutti i miei bei alfabeti antichi, incapace di capire da quale partire e sul come abbinare i materiali: la testa prendeva gli alfabeti più attraenti e li ricamava in mille modi, oro escluso. Tant'è vero che nella settimana successiva ne avevo usato uno per il punto pieno, a cui a breve dedicherò un post.

Il secondo fine settimana, armata di buone intenzioni da primo dell'anno, avevo intelaiato il massiccio telaio acquistato dal maestro di oro sivigliano. Credevo che non ce l'avrei mai fatta e invece tutto sommato è andata. Certo non lo puoi usare come tavolo da carpenteria come quando lo tira lui, ma potrei definire la mia opera come la versione femminile gentile, più morbida e delicata. Un tavolo da trucco, ma pur sempre tavolo.

Presa dall'entusiasmo, avevo scarabocchiato una delle lettere gotiche che avevo usato per quel lavoro a punto pieno di cui raccontavo priva, dicendo tra me e me che o la andava o la spaccava. Alfabeto Sajou 135, che commenterò meglio nel prossimo post.

Avevo preparato l'imbottitura e ricamato gli spessori, ma non vi avevo mostrato nulla perché non sapevo quale orrore ne sarebbe uscito.

Questo fine settimana l'ho portata a termine e, nonostante tanto cambierei col senno di poi, l'insieme di errori e soddisfazioni mi spronano a pensare che ora della Z dovrei riuscire ad entrare in risonanza con il bagliore dei materiali.

La difficoltà più grossa sta proprio nel familiarizzare con i filati. Qui ho deciso di usare prima tutti quelli che ho, impostando il lavoro a campionario. Sapevo che quello che stavo usando aveva un calibro un po' troppo grosso per questi spazi, ma voglio un inventario completo, dunque lo ho utilizzato lo stesso. Ho provato inoltre a lavorarlo col fusello, per evitare tutte quelle code di taglio dell'oro inglese, ma vedo che c'è una naturale irregolarità (mia mano inesperta?), che purtroppo altera la perfezione della giacenza del materiale. Prima di abbandonare la sfida voglio provare con diversi materiali. Confido che filati più sottili e meno rigidi si plasmino meglio.

Un altro problema sta nell'imbottitura. Laddove giace la canottiglia, forse doveva starci un bel rigonfiamento. Ci proverò al prossimo giro.

Belli i contorni, anche se quel blu non fa il giusto contrasto. Ho pescato il colore tra quelli che posso ammirare sulle pagine delle Miniature dei corali, il libretto acquistato al Duomo di Siena e che avevo già usato in quel mio primo lavoro dedicato a quel viaggio. Ho dunque deciso di dare al campionario questa restrizione cromatica e, trovando un po' triste questa sparuta letterina incolore, ho pensato di aggiungere un motivetto ricamato a punto pittura e simili, perché in fondo il mio obiettivo con l'oro è quello di riuscire a metterlo a servizio del ricamo classico, per il quale nutro più interesse.

Quindi questa sarà la sfida successiva... Niente di che, disegnato forse un po' maluccio. Ma il mio mantra è: la B verrà meglio della A.





Goldwork weekend... Tutto un fare e disfare

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Durante la settimana, facendo altro, ogni tanto pensavo al mio piccolo appuntamento con l'oro del fine settimana, programmando di fare una cosa spiccia col decoro della A, per passare alla B e provare nuovi filati. Poi è successo che ieri ho portato il telaio al piano di sotto, ho religiosamente allineato attrezzi e fili sul tavolo, mi sono isolata con gli auricolari e... Vuoi la musica giusta, vuoi il momento, ho assaporato un istante di pura gioia ad infilare i primi punti. 

Allora ho lasciato che il movimento fluisse e ho seguito quella vocetta che spesso mi castiga, tante volte prende cantonate e che occasionalmente la dice giusta.

Ieri foglia azzurra, stelo verde e contorno foglia oro. 


Alla vocetta era piaciuto lo stelo, ma la foglia neanche un po'. Però era stanca e ieri sera aveva ipotizzato di lasciarla così. Oggi non ne voleva sapere. E io a dire che volevo iniziare la B, ma non c'era stato verso. Ho disfatto il bordino.

Waahaaah! Mi dice. E se provassimo a ricamare il pittura sull'imbottitura? 

Vabene, proviamo, faccio io.

Bello, brava! E le sorrido soddisfatta. Però la prossima imbottitura la prendiamo bianca, perché il giallo affiora.

Dovevi fare anche la foglia azzurra così, perché è in rilievo.

Non me lo potevi dire prima? Beh, rimane così. Io non la rifaccio.

Rifalla.

No.

Si.

Ti ho detto di no.

...

Ho appiccicato un feltro bianchiccio sopra e l'ho ridipinta a sentimento. Ma il sentimento è venuto meno, perché lavoravo col telaio girato e quindi con la foglia al contrario. La vocina me lo aveva detto che era rischioso, ma io non ci arrivavo tanto bene con la mano e poi il telaio era pesante da spostare... Insomma avevo fatto i capricci e non l'avevo ascoltata. Morale della favola, non è venuta granché e ho cercato di appiccicare oro sopra in tutte le salse per trovare un equilibrio, ma non son ancora soddisfatta. Cioè... La vocina rompe parecchio. Ma l'ho messa a zittire perché il fine settimana è finito e perché le avevo dato vinta anche la battaglia sul rifare la canottiglia con imbottitura più ciccia.

Ho fatto e disfatto, ma è stato molto istruttivo. Risistemando le foto vedo poi che la prima foglia non era neanche troppo male. Ma ne esco con qualcosa in più e forse non è di solo ricamo che parlo. 



Il fiorelletto a rilievo mi è piaciuto. Non so se i puristi dell'oro inorridirebbero a sapere che gli stami sono fatti col diamant, ma a me ha procurato un bridvido di piacere e questo mi basta.




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Breve pausa tra A e M azzurre, anche perché il filato è finito e sono in attesa del riassortimento.

Ogni volta che sfoglio alfabeti, i gotici bisbigliano e mi scivolano dentro. Sinuosi, per quanto rigidi in struttura, fluttuano tra le pieghe del mio cervello e negli interstizi tra i muscoli, ma puntualmente li ricaccio in malo modo, perché i gotici fanno troppo Natale. Siccome stavolta era Natale sul serio e per di più ero in uno stato mistico di accettazione degli eventi, li ho accolti senza fare resistenza, decidendo di usarli per una busta in cui riporre la tovaglia di Natale. E che la tovaglia di Natale sia un cotonaccio dell'Oviesse prendiamolo come dato trascurabile, annotando di ricamare una tovaglia per l'anno prossimo.

Ha vinto l'appalto, nell'insieme variegato dei gotici, questo alfabetino adorabile, che mi pare contenga un giusto equilibrio tra semplicità e originalità di dettagli, e che avete già intravista nei miei Goldwork weekend. Si presterebbe ad essere ricamato in modi diversi, sempre a punto pieno, ma ho deciso di accogliere la prima immagine che mi è venuta in mente e che includeva la banda rossa, da cui far uscire il tratteggio.


La difficoltà più grossa per il principiante, nel punto pieno, è trovare il giusto ingrandimento, per non cadere nell'abisso del troppo piccolo e incastrarsi e del troppo grande in cui perdersi.

Avvezzi o meno, si torna principianti quando meno te lo aspetti. E io qui avevo ingrandito troppo le lettere. Fortuna, sfortuna... Chi può dirlo?! Cercate in rete la relativa storiella zen: mi ha aperto un nuovo modo di pensare. Trovandomi un rilievo fiacco e deludente, ho sperimentato due approcci diversi: un'imbottitura ricamata a zone concentriche, come ho proposto nelle conchiglie e... L'uso del perlé 8 per l'imbottitura. Mooolto interessante! Non so se si vede, ma la differenza di rilievo è notevole. In foto, il ramo più vicino all'osservatore è tutto in 25, gli altri in 25 con imbottitura in perlè.


Fine, senza fine...

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Non posso negare che sia stato molto bello: ho adorato quei gancetti rossi e amato i cordoncini. 
Credo sabbia contribuito l'effetto telaio, oppure l'eccitazione da perlè 8, che effettivamente ha snellito la preparazione.

Le lettere sono finite, ma non c'è mai una fine e non parlo solo dell'odiato orlo: mi è venuta una tremenda idea e so per esperienza che la natura di questa tremenda idea innescherà una serie di divagazioni a cui non sono preparata, perché stavo giusto percependo la serenità di chi sguazza in una docile routine, fatta di mete programmate limpide e rodate. 

Il problema è che per natura non siamo fatti per stare fermi. Sennò saremmo nati alberi, suppongo. Ma lascio le filosofie ai filosofi e mi metto in viaggio. Forse forse, in fondo in fondo, le idee migliori vengono quando proprio non hai voglia di ricamare una M dopo aver ricamato una A.




Il coraggio vien ricamando...

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Ho dovuto annullare dei corsi negli ultimi due fine settimana e vi confesso che l'appuntamento mi è mancato molto. Avevo però l'oro a tenermi compagnia e sono contenta per due motivi.

Il primo riguarda il disegno: tanto ho faticato a mettere quel piccolo motivo decorativo nella A, quanto questo mi è uscito stranamente sciolto.

Il secondo è che ho preso coraggio. Mi sono sentita di poter mettere mano ai preziosissimi filati Aless di Petrali, che avevo acquistato da Tombolo e disegni in preda all'entusiasmo post corso di Jorge. 

Volevo poi continuare ad usare il fusello, per provare i giri e, come sempre, le cose funzionano solo se usi i materiali giusti, evidentemente. Sono infatti abbastanza soddisfatta di come sia venuta la posa, mentre con il japanese avevo temuto di dover abbandonare l'impresa.

Il filato è morbido e sottile, per quanto possa essere morbido un filato oro.

Ho pure osato contornare col cordone! 

Adesso bramo di raggiungere le foglie per mettere in pratica un'idea. Ho solo paura che riesca, perché allora dovrei rifare anche quella della A e non so se la stoffa mi accetta un terzo strato...

P.S. Ho scritto questo post circa una settimana fa. Oggi accuso una profonda depressione da clausura e i miei progressi languono in questo sabato senza scintille. Confido in una domenica di luce. 


Stato di flusso

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Il ricamo è meditazione, come dicono?  Io ho sempre sperimentato e pensato che i benefici potessero essere simili, ma piccole e grandi differenze mi hanno sempre lasciato perplessa. E ancora non ho, ovviamente, le idee del tutto chiare. Per caso, o perché ormai più o meno inconsapevolmente giro e rigiro sulle stesse cose, mi sono imbattuta in un articolo che mi ha fatto sbattere la mano sul tavolo ed esclamare un Eccolo lì! compiaciuto e soddisfatto, abbastanza sonoro da finire in DAD mentre interrogavano Anita al piano di sopra.

L'articolo è di Andrea Giuliodori, che racconta dello Stato di flusso teorizzato da Mihaly Csikszentmihaly. Di quello stato in cui si perde la cognizione del tempo, facendo qualcosa di impegnativo e appassionante. 

Non che io trovi così esaltante aver dato un nome ad un processo (beh, un po' sì, all'inizio). 

E' che... E' tutto molto interessante. Soprattutto l'elenco dei requisiti per accedere allo stato di flusso:

- Obiettivi chiari

- Equilibrio tra le difficoltà da affrontare e le nostre competenze individuali

- Feedback immediati e certi.

Inutile dire che questo aiuti molto nel progettare la didattica, ma non solo... Mi aiuta a capire perché negli ultimi anni io sia riuscita a fare dei progressi accelerati, mentre prima procedessi strisciando come quella lumaca là fuori, che cerca di attraversare il cortile da almeno una settimana. 

Io l'avevo chiamato: Un passo alla volta, senza pretese. Adesso ha un nome più snello.


Sono contenta di essermi imbattuta nell'articolo mentre ricamavo questo lavoro, perché le foglie lassù fotografate sono un esempio pratico interessante. Ma faccio un passo indietro.
Mi serviva un monogramma per un regalo a mia sorella. Ho scartabellato alfabeti, provato a intrecciarne un paio, salvato un po' di monogrammi già pronti. Niente. Frustrazione. Il meno brutto l'ho riposto nel cassetto per dormirci sopra e al mattino l'ho buttato tra le fiamme rimirando sognante il riverbero della luce sulla finestra. Poi mi sono ricordata di un libricino bellissimo, di cui forse non vi ho mai parlato: Treasury of Floral Designs and Initials for Artists and Craftspeople, by Mary Carolyn Waldrep.


Non ci troverete alfabeti completi o una raccolta sistematica di alfabeti, ma un miscuglio splendidamente confuso e variegato di decori e iniziali.
Ho trovato una MS che mi ha conquistato al primo sguardo e mi ci sono fiondata. Un po' troppo frettolosamente, e un po' si vede, ma il tempo stringeva.

Ho usato il mulinè, perché volevo fondere un po' di colori, ma... Come non mi piace il mulinè per le cifre imbottite! Spela e non tiene la tensione. I colori sono i DMC 632, 407 e 3772.


Avevo ricamato la M, poi la S e avevo avuto accesso a quello stato di flusso perché tendevo a provare qualcosa per me nuovo: il punto pittura su elementi imbottiti. Era stato l'oro a farmi venire l'acquolina, col pittura ricamato sul feltro. Qui invece volevo provare su imbottitura ricamata. Di per sé una piccolissima e vuoi insignificante novità. Ma è bastata. Nella prima foglia ho usato un approccio sbagliato, ma ho saputo riconoscere l'errore proprio perché non stavo affrontando un mondo sconosciuto, ma stavo solo aggirando un ostacolo in un terreno già esplorato.
Dove voglio andare a parare? 
Voglio annullare la pretesa di avere la tecnica in mano al primo approccio... Lo dico a me, eh! Non voglio fare la morale! E mi dico anche che se nella testa la vocina mi dice che non sono buona a niente, è perché semplicemente devo fare un passo indietro e recuperare le basi. 
Niente di più tremendo e semplice.


Il fiocchetto è un po' una firma personale, dettata da una ricerca di equilibrio per una zona che mi sembrava vuota. Col senno di poi potevo evitare. Il disegno era già molto elaborato e ho finito per renderlo un po' caotico.


Termino con un copia e incolla da Wickypedia

Componenti dell'esperienza ottimale[modifica | modifica wikitesto]

Bambino concentrato in un’attività

Csikszentmihalyi individua i seguenti fattori che, pur potendo apparire indipendentemente l'uno dall'altro, in realtà sono in combinazione tra loro e costituiscono la cosiddetta esperienza di flusso:[2][3]

  1. Obiettivi chiari: le aspettative e le modalità di raggiungimento sono chiare.
  2. Concentrazione totale sul compito: un alto grado di concentrazione in un limitato campo di attenzione (la persona non ragiona su passato e futuro ma solo sul presente).
  3. Perdita dell'autoconsapevolezza: il soggetto è talmente assorto nell'attività da non preoccuparsi del suo ego.
  4. Distorsione del senso del tempo: si altera la percezione del tempo. Non si rende conto del suo scorrere.
  5. Retroazione diretta e inequivocabile: l'effetto dell'azione deve essere percepibile dal soggetto immediatamente ed in modo chiaro.
  6. Bilanciamento tra sfida e capacità: l'attività non è né troppo facile né troppo difficile per il soggetto.
  7. Senso di controllo: la percezione di avere tutto sotto controllo e di poter dominare la situazione.
  8. Piacere intrinseco: l'azione dà un piacere intrinseco, fine a se stesso (esperienza autotelica).
  9. Integrazione tra azione e consapevolezza: la concentrazione e l'impegno sono massimi. La persona è talmente assorta nell'azione da fare apparire l'azione naturale.[4]

Mi perdo, ma poi mi riprendo

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Ogni tanto mi inceppo.

Il circolo vizioso è sempre lo stesso:

- sembra che i miei programmi procedano a meraviglia, nel rispetto dei tempi e degli obiettivi; 

- abbasso la guardia; 

- perdo il ritmo.

Il mio umore, e così pure la mia efficienza, ritma come l'alternarsi delle stagioni e puntualmente, inesorabilmente, mi trovo a dover tornare sui miei passi per recuperare le fila del discorso.

In genere il programma salta per un nuovo entusiasmo. Siccome l'entusiasmo è bella cosa, l'assecondo. 

Ma mi svalvola. Dovrei imparare a dosarlo... 

Ora che l'entusiasmo si è trasformato in impegno che si addiziona a quelli già presi, la vita si è complicata... Ma arricchita. Vi dirò. 

Per il momento, però, riprendo le fila e torno alla mia M azzurra, perché infine le matassine sono arrivate.



Qui la zona è tornata arancio e non si può uscire dai comuni. Vi confesso che l'isolamento ha portato con sé tempo per nuove letture e per ricerche, un po' a discapito del ricamo, ma confido di travasare parte del percorso in nuovi stimoli per i corsi o per lo meno per rendermi più efficiente e meno incline alla dispersione delle energie. 

Una volta mi fu detto, mentre enunciavo un programma effettivamente un po' utopistico, che la via del peccato è lastricata di buoni propositi. La sentenza arrivò come una freccia omicida, a suo tempo. E i buoni propositi si sciolsero in un lampo come neve al sole. Oggi invece so che è inevitabile perdersi e che basta ritornare sulla via, così da riprendere il progetto e progredire un po'. E che anche si impara piano pianino a non perdere più la strada.

Scivolo sulla M, un po' per volta

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Seguono i giorni, un po' tutti uguali, in zona rossa. 

Ma so che viaggio e che non sto ferma, perché registro l'avanzamento della mia M azzurra. 

La temevo, e invece la adoro. Avevo paura della noia di una lettera uguale ad un'altra, ma niente è uguale a prima: ho le mani che scorrono. Con la A dovevo ritrovare il ritmo, con la M scivolo rapida sulle sue curve. Forse sono pure meno accurata, come capita quando ci si sente più sicuri, ma le dimensioni esagerate della lettera richiedono compromessi, e la chiusura di qualche occhio, ogni tanto.


Mi è capitato tra le mani il libro di Arun Gandhi, Il dono della rabbia, in cui l'autore racconta dell'abitudine del nonno di tessere a telaio, pratica quotidiana. Scrive che difendere la solitudine era il suo modo per nutrire la pace. Una disciplina di concentrazione.


Odio i nodini, ma resisto in vista della fine

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E così ho finito la copertura. 

E so tutto sui gradi dell'aggettivo, comparativo di uguaglianza e superlativo relativo compresi: devo stare in DAD con l'Alfredo, perché sennò scrive cavolate in chat, dunque ricamo facendo profonde riflessioni su come si guadagnano il pane in questo momento le maestre. Altro che ricamo, per esercitare pazienza e autocontrollo! Maestra elementare in DAD! Io avrei già fatto volare il PC.

La mia preferita è la bimbetta che ha chiesto, dopo almeno 70 interruzioni, tra wify ballerino e chat rovente, richieste di andare in bagno e conta di quadretti dall'alto per iniziare la pagina, se il titolo lo poteva scrivere cicciotto.

Così la mia M cicciotta va avanti ed è arrivato il temibile terribile momento, in fondo atteso, dei nodini, che sono TROPPI.

Ma confido che, come per le maestre in DAD, l'agonia avrà una fine nei pressi della settimana santa.

M finita, cervello vuoto

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Finita anche la M. E pure i gradi dell'aggettivo in DAD. 

Ci avviciniamo alle vacanze di Pasqua, la primavera mi mette sonnolenza e il cervello viaggia in una nebbia tutta sua, che mi tira verso il divano. Mi sento priva di scintilla.

Ho avviato qualche lavoro nuovo, ma aspetto a raccontare, perché devo prima trovare la via giusta. Nel frattempo credo che tornerò ai campioni del mare, alcuni dei quali ancora aspettano una collocazione definitiva. Ecco la Ma originale, confrontata con quella del mare, sua evoluzione...


Le foglie d'acanto trasformate in onde, nella M mi avevano un po' intristito, perché ci sono quelle due foglie intere così belle, che un po' temevo a punto pieno.

E adesso che la A e la M sono finite, serve cucire l'ultima parte della tenda, decidendo come fare i passanti e poi trovare un marito che mi appenda i pali. 



Patrizia & me... Aghi & pennelli

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Come non ricordare il 2021 prima dipinto da Patrizia Silingardi e poi ricamato da me, sul telaio di stoffa di Gabriella Molinari?


Pensate che ho scoperto che qualcuno ha stampato le mie storie deliranti e sono morta di imbarazzo.

Le rose ci erano proprio piaciute ed avevamo scoperto che le rose erano largamente piaciute. E ogni volta che Patrizia postava in questi mesi un suo dipinto, io avevo occhi nuovi per guardarlo e le dita fremevano, correndo ansiose con l'immaginazione a riprodurre quei suoi svolazzi poetici, per me così misteriosi nella loro assurda asimmetria, leggiadria e sconnessione. 


Il mio rigore si annienta ogni volta rimirando la sua libertà e cede il posto all'invidia sottile, quella sana, ma ugualmente subdola. Scivola lo sguardo sui movimenti fluidi e naturali dei suoi rami per carpirne il segreto: con il losco proposito di rubare l'arte e la mente gaia che dietro sta, attraverso l'imitazione e la copia e l'esercizio ossessivo, ho chiesto a Patrizia il permesso di usare qualche suo altro dipinto come modello.

Credevo che non avrebbe accettato e che, altezzosa, avrebbe trovato una scusa per farmi fuori. 

Mi sono vista invece recapitare a casa una camionata di dipinti ad acquerello su carta, pitture su stoffa e oggetti dipinti. 

Credo abbia approfittato della proposta per sgomberare casa. 

Figli e nipoti non me ne ha scaricati, quindi ho aperto le porte e lasciato che l'ondata primaverile di pennellate trascinasse luce ed allegria in queste stanze troppo squadrate. 

Dunque... 

Ragazzi e ragazze! Nei prossimi mesi mi vedrete intenta alle rose! 

D'altronde è il periodo giusto per far fiorire e fotografare. 

Anzi la primavera incalza e sarà bene darsi una mossa.

Patrizia & me... Per prima cosa ci ho fatto una tenda

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Guidava il camion dei disegni la Gabriella, in una bella giornata di sole e di zona gialla. La Patrizia, seduta al suo fianco, faceva da navigatrice e dunque mi ero presa tardi con la spesa, calcolando che per raggiungere il Veneto avrebbero circumnavigato la penisola. Invece pare che ella se la cavi in geografia bene tanto quanto col pennello e pertanto la camionata aveva dovuto attendere che io parcheggiassi. 

Su Fb la Patty sostiene che io abbia esagerato e che di camionata non si potesse parlare. Fossero stati anche solo 30 pezzi, scegliere quello giusto per iniziare non sarebbe stato mica roba da poco e la quantità percepita forse superava la tonnellata. 

Quello mi pareva un po' stortino, l'altro un po' asimmetrico, questo un po' slegato, quest'altro un po' sbiadito...

Ci ha ragione! 

Per chi si fosse perso la sparata, sappiate che, come reazione al mio primo post, su Fb la Patty mi aveva pubblicamente svergognato l'indomani, dicendo che vado raccontando che tanto che mi piacciono i sui dipinti, ma poi ho sempre da ridire.

Fine osservatrice... E' andata proprio così.

Ma lei, voi, io... Dobbiamo stare tranquilli! Faccio così con tutto, me compresa. Ma poi nemmeno io mi prendo troppo sul serio.

Sto imparando a conoscere, capire e dominare la creatura intransigente e petulante che dimora tra le mie viscere e che governa i miei primi impulsi. La Patty l'aveva sgamata al primo incontro e ci aveva riso sopra: ho imparato così anch'io a darle poco peso.

Seguendo l'occhio silenzioso della Gabry, che annuiva compiaciuta alla carrellata di dipinti che dalle mani della Patty passavano alle mie e dalle mie alle sue, avevo capito che più la creatura si contorceva aggrovigliandomi le budella, più la soddisfazione altrui aumentava. E che, se riuscivo a sedare l'essere, finalmente l'immagine mi veniva restituita pura nella sua poesia. E mi liberavo dalla pigra paura di non riuscire ad adattare il disegno al ricamo: gli ostacoli che avrei incontrato si sarebbero trasformati in puro divertimento. 

Così ho preso uno dei dipinti più esplosi: uno di quelli in cui non c'è una foglia che si attacchi al ramo manco a pagarla.

Mentre scroccavo l'ennesimo pranzo alle due ospiti (eh! lo so che toccava a me!), si discuteva sul che farci di tutti questi disegni. La creatura, evidentemente risvegliata dall'abbondante pasto, aveva sentenziato che di soli campioni non se ne sarebbe parlato e aveva tirato fuori una di quelle noiose questioni che le stanno tanto a cuore e che riguarda il tornare a ricamare per se stessi e per la casa, nutrendo l'antico rispetto per le cose, per recuperare non tanto una tradizione, quanto un atteggiamento: quello nei confronti della propria casa, pianeta compreso.

Ci eravamo guardate confuse, ma siccome stava per arrivare il tiramisù della casa, avevamo tranquillizzato la creatura dicendo che ci avremmo pensato sopra, sicuramente.



Patrizia & me... La tenda

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Sulla tenda ho detto poco, perché mi sono persa a raccontare i retroscena e l'intra-viscere. Dunque recupero...

Ma prima rispondo alle obiezioni di Patrizia, che ha pubblicamente riferito che alle origini del progetto le stavo tarpando le ali con troppe indicazioni, misure, contenimenti. E' innegabile, ma è evidente anche che se non mettessi limiti, poi passerei la mia vecchiaia a ricamare foglie e rose. Ma tanto io posso erigere tutte le barriere che voglio... Lei fa così: smette di mandarmi foto e poi mi recapita la camionata. Tanto sa che poi io salto fuori con un banale quanto eloquente in foto non rendevano, che farebbe mandare fuori di testa anche il più santo.

Andiamo avanti.

Ah! No! Ultima cosa: non medito sull'eremo, ma a Carp-lake. Un giorno ve ne parlerò.

La tenda l'ho ricamata su bisso di lino Bellora e se vi stupite del fatto che dopo la A e la M io abbia avuto ancora il coraggio di lavorare sul bisso è che, in effetti, non è poi così difficile. Certo i contorni delle foglie, fatti alla velocità doppia con la malsana bramosia di finire in fretta per rimirare il risultato, hanno risentito della trama un po' più rada, ma qui il vantaggio è che le rose rubano lo sguardo e i dettagli stortarelli vengono perdonati.

Avevo scelto i colori cercando una fedele riproduzione...


Rimiro solo ora che scrivo, su questo stesso schermo, le due foto, non fatte di proposito, ma pescate casualmente dalle tante inquadrature e fortunatamente coincidenti nell'angolatura... Scorro con la barra di navigazione su e giù per confrontarle e i pensieri si affollano. Mi sembra di aver riprodotto il tocco della pittrice, ma c'è qualcosa di meno e qualcosa di più... La pittura è più leggera, il ricamo è più tridimensionale. La pittura mi evoca qualcosa di non detto, il ricamo mi comunica stabilità. E' perché l'uno mi è familiare e l'altro no? Di uno conosco il linguaggio, dell'altro lascio che l'istinto colga l'essenza?

Scorro ancora e confronto... Forse non è il ricamo a comportarsi diversamente. Forse sono io. Ho ingrandito le foglie e lasciato più colore sulla tela. Ho invaso lo spazio? Mi sono lasciata prendere dal timore dell'essenzialità? Dovevo usare meno fili? Qui ho lavorato tutto a due capi.

Rabbia. 

La creatura intransigente si agita. 

Vuole risposte immediate, anche se le domande sono vaghe e appena formulate. Non ha tempo da perdere, lei, e non accetta che si sia solo all'inizio dell'avventura.

Così la quieto rientrando nella mia comfort zone e raccontandovi di come ho razionalizzato le sfilature della tenda, facendo cadere al centro un bocciolo e ai lati due motivi (simmetrici! Non ditelo alla Patty!), come terminali.


Giusto per evitare il solito mezzo giliuccio e il banale colonnine, ho fatto uno zig-zag frettoloso. Tutto sommato ci sta, quasi come fosse voluto: ci intravvedo una giocosa modernità e sento la creatura annuire compiaciuta.


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