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Channel: Elisabetta ricami a mano
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Patrizia & me. Rose che vorticano e un cesto...

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Patrizia ha fatto un post su Fb di rimbrotti, lasciandosi sfuggire qualche complimento. In particolare lodava la mia capacità di adattamento e il mio sforzo di Patriziarmi, contrapponendolo alla sua spensierata libertà d'azione.  Ahilei...
Mi è balenata la perfida ideona di lanciarle pubblicamente una sfida. 
Cattivissima me, faccio leva sulla sua impossibilità a sottrarsi all'attesa del pubblico...
Così ecco, a nostro grande vantaggio e a suo immenso rodimento, le terribili restrizioni per la sfida:

1. Una forma ovale, di dimensioni massime 20x13cm. Specifico: non una foglia o parte di essa (o rametto, spina, macchia) dovrà uscire dalle dimensioni sopracitate, pena l'annullamento del campione.
2. Tre rose gialle e un numero di massimo 6 boccioli.
3. Almeno tre steli di lavanda, ma non più di quattro.
4. Totale massimo 30 foglie
5. Bacche in numero inferiore a 15
6. Un campo interno vuoto di almeno 10x5 cm 

Ti voglio bene anch'io, Patrizia.
Attendiamo fiduciose.


Passo dunque al secondo disegno, che a dirla tutta fu il primo ad essere stato bocciato via wapp: Bel movimento, cavolo! Però è un po' rado, è fuori misura... 
Dovete sapere che tutto era partito con l'idea di ricamare un corredino da neonato. 
Riformulo: 
La mia idea era quella di ricamare il corredino da neonato. 
Lei aveva annuito... O scosso la testa? Boh. A me sembrava che fosse d'accordo. Non poteva non esserlo. Eh, eh...
Corredino da neonato scartato (beh, si vedrà!).

Le foglie vorticano e vanno un po' dove vogliono, esplose come nel disegno della tenda. Io le ho lasciate danzare scomposte quasi tutte.

La Patty verrà a saperlo ora, mentre anche voi leggete. 

Ma io mi fingerò morta e non risponderò ai messaggi vocali.

Ho... 

SIMMETRIZZATO.

...

E' stato più forte di me. 

Una battaglia silenziosa di sguardi: dal dipinto alla carta, dalla carta al dipinto. Gocce di sudore sulla fronte, matita tremante tra le dita. Un crescendo di tamburi, respiri per ritrovare la calma.

Il disegno della balza ha decretato la fine dello scontro. 

Rigide linee parallele e un ricalco in simmetria hanno imbrigliato la poesia, ma hanno lasciato che l'elemento centrale vibrasse puro e forse... forse... forse gli hanno regalato tutta l'attenzione che meritava, convogliando lo sguardo, che scivola dalle estremità note, tutto su di lui, per far seguire agli occhi il giro, che non si capisce dove inizia e dove finisce, ipnotico.

Stessi colori della tenda, con un obiettivo strano, che un po' mi spaventa. 

Vorrei rivestire un grosso cesto portabiancheria, che sta proprio nei pressi della finestra che ospita la tenda. Non ho la più pallida idea di come tirar fuori il modello, ma intanto parto con una striscia di lino, a cui attaccherò il resto in cotone. Così disegnata, però, mi ha fatto pensare al bordo di un asciugamano, o di un lenzuolo e credo che potrà essere riciclata per usi diversi.

135 cm di balza... 

Prima o poi mi faccio viva (non per la Patty, ovviamente).




Patrizia & me... e la mia prima macchina da cucire

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Finito! La balza è corsa snella e veloce! Il seguito più difficile...

Cerco di far pace con la macchina da cucire da anni. Il nostro è un rapporto complicato. Non ci capiamo e avremmo entrambe bisogno di un consulente esperto, per una terapia di coppia che abbatta le mie resistenze e quel suo fare frettoloso e dirompente.

Ho riesumato la Singer che entrò in casa verso la fine del secolo scorso. Ricordo la signora che illustrava le sue prodezze: che la macchina avesse in programma soltanto la cucitura dritta e uno zigzag insulso poco importava, perché lei ci faceva di tutto, occhielli compresi. Io mi ero bevuta tutta la dimostrazione, apprezzando la semplicità delle operazioni con presuntuosa superficialità.

La macchina, posseduta, voleva però essere toccata soltanto dalla sua prima ospite e se io mi avvicinavo e osavo sfiorarla, mi sdruciva tutta la stoffa risucchiandola sotto la piastra dell'ago, cucendo una matassa di filo compatta sotto, che poi faceva da tappo e bisognava smontare tutto e tagliare. La storia finiva invariabilmente con la scena poetica del mio sguardo che fissa inesorabile un tiepido raggio filtrante attraverso il buco della stoffa tesa in controluce davanti a me, mentre il pianoforte, accompagnato dai violini, celebra il momento struggente.

Sono passati circa trent'anni. La sua plastica era bianca e scintillante, i miei capelli castano naturale. Oggi lei è giallastra, io... ehm... Ancora castana, ma col trucco. Siamo entrambe più sagge. Ci siamo ignorate per anni, anche se abbiamo abitato in quattro case diverse insieme. Oggi l'ho riaperta e tutto è filato liscio. Animate entrambe di buona volontà, abbiamo collaborato.

Ho addirittura fatto un arriccio, tremante.


C'è qualche piega di troppo, ma sono arrivata alla fine!




Patrizia & me... Di rosa in rosa

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Per fine agosto avevamo prenotato il Gran Galà Puccini all'Arena di Verona, sulla scia dell'entusiasmo di Torre del Lago con la Butterfly, che forse ricorderete. Avevamo preso i biglietti della gradinata e per sopravvivere alla seduta di pietra, mi ero caricata in auto un sacco con un paio di cuscini. Uno di questi era quello del seggiolone della cucina, che trattavo con particolare riguardo perché per sbaglio lo avevo comprato e-sat-to. Giunti a destinazione, come si conviene, mi ero del tutto scordata di prendere i cuscini dal bagagliaio. 

Serata memorabile: a metà del concerto qualcuno aveva avuto l'idea brillante di sostituire gli spari omicidi sull'amante della Tosca con lo scoppio inaspettato di mortaretti. Il mio accompagnatore, che soffre di una fobia agli scoppi improvvisi, aveva passato tutto il secondo tempo con le dita sulle orecchie, rannicchiato a spalle contratte. Io contorta dall'imbarazzo al suo fianco, con la fronte appoggiata alla mano. Proprio sulle più nobili e poetiche melodie, che avevano scomodato soprani e tenori d'eccezione. Spero che nessuna telecamera ci abbia ripreso.

Quello che però volevo dire è che il cuscino del seggiolone era poi stato scaricato in garage dal brontofobico e l'indomani portato accidentalmente (?) all'ecocentro.

Sento stridere i vostri denti.

Ancora stridono i miei.

Il seggiolone era bianco e l'ho dipinto di verde... Vi parlerò un giorno di questo mio nuovo antidepressivo, che mi spinge a ridipingere porte e finestre e tutto quello che mi capita a tiro. 

Basta. Morale della favola: ricamerò  e cucirò (ce la farò?) il cuscino per il seggiolone.

Siccome il disegno del cesto era giuuusto giusto, non pesco altre pitture di Patrizia ma continuo con questa, improvvisando però sui colori. Campioncino doveroso, che userò per la scatola, finita anch'essa sotto il pennello.

Ho intenzione di metterci poco, quindi a prestissimo!



Patrizia & me... Non ci avrei scommesso!

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Prima di partire col raccontino del seggiolone, faccio presente a Patrizia che stanno per scadere i termini per la presentazione del risultato della sfida. Essendo però io assai magnanima e comprensiva, essendomi documentata sulle difficoltà degli spiriti liberi ad essere compressi in sistemi codificati come quello terribile del metrico-decimale, e intuendo che abbia addirittura buttato gli strumenti necessari, le ho fatto arrivare un righello da Amazon e qualche tutorial da Youtube su come si usa. Ero indecisa se mandarle o meno un pallottoliere per contare le rose e le foglie... Ne ho trovato uno con le palline fucsia. Ho mandato anche quello.

Torniamo a noi...

La mia vocina placida e fatalista mi aveva sussurrato all'orecchio di provarci, che in caso funesto ci saremmo riuniti tutti intorno al fuoco celebrando il rito del lancio della sconfitta tra le fiamme, occasione di incontro e scrocco certo di un pasto.

Dunque, placida e fatalista, ho incastrato sulla seduta un grande foglio di carta e ho ricavato il modello del cuscino, letteralmente spiaccicando la carta lungo i bordi di legno. La vocina giudicante (l'altra, la creatura intransigente) mi prendeva per i fondelli e rideva a crepapelle sulla mia ingenuità. Sottolineava la mia certa incapacità a risolvere i margini arrotondati, le pieghe interne al margine, le stringhe per il fiocco e la cerniera. Ah! Che risate si è fatta sulla cerniera! Per me quello era comunque l'ultimo pensiero, visto che, anche avessi fatto una porcheria, non sarebbe stata in bella vista. Sono dunque andata avanti canticchiando un motivetto per non ascoltarla.


Mentre tagliavo la sagoma, evidentemente in uno stato di flusso o in trance (non avevo bevuto, comunque), mi era apparsa in sogno la dea delle ideone, che con voce soave e potente mi aveva imposto di disegnare le stringhe di chiusura a forma di cravatta, obbligandomi dunque a ricamare quattro (e dico quattro!) terminali floreali, proprio mentre credevo di aver archiviato filati e ditale.

Placida e fatalista, ma con una placidità tremula sulla via scocciatura, avevo annuito obbediente e mi ero messa all'opera.

Stiratura, ricentratura, ricalcolo delle lunghezze del margine (oh! Come mi faceva paura quello!), avevo imposto un silenzio di tomba a tutti gli abitanti della casa, scarafaggi compresi.

Avevo tirato fuori la vecchia Singer, accarezzandola, evitandole urti o altre irritazioni e specificandole quanto mi fosse mancata. Avevo attaccato tutti gli spillini bene bene, avevo messo il pezzo in posizione e abbassato la leva del piedino. Con cura avevo posato la ciabatta sul pedale e avviato i primi punti...

 Drriiiiiin!

Il corriere Amazon.

Un libro di mio marito.

L'ennesimo libro di mio marito. 

Ero tornata alla macchina, avevo respirato profondamente e portato a termine tutto il giro della seduta. Ora sarebbe arrivata la parte complicata, con quel motivo a incastro, dove la seduta sbatte contro i pilastri della spalliera, ma confidavo che aver superato il quindicesimo livello a Tetris negli anni d'oro mi avrebbe aiutato.

Maaaammaaaa! Non capisco le domande di Italiano!

Oh. No.

Che poi le aveva fatte tutte giuste. Ma le aveva cancellate. E tutto per aver ereditato la mia vocina giudicante, a cui lui ha dato il nome di Johnny maligno.

Non so se potete capire lo struggente momento di pura gioia in cui cui scopri che se incidi l'angolo, l'angolo diventa una retta... Beh. Ancora mi commuovo a pensarci.

Lo avevo appena inciso, avevo intuito l'inintuibile, che neanche Einstein probabilmente aveva sperimentato una gioia più profonda...

Driiiiiiiiiiiiiiiiiin.

L'asciugatrice. Era in riparazione da due mesi. Avevo telefonato più volte per sapere come stava. Prognosi riservata, mi avevano detto. Poi, sul più bello (sì, proprio sul più bello), senza preavviso, me l'avevano recapitata.

Non vi annoierò oltre. Tutto era filato liscio dopo di allora.


Con mani tremanti avevo infilato l'imbottitura ed ero rimasta sconcertata a fissare il seggiolone per un quarto d'ora, chiedendomi come fosse possibile che tutto (o quasi... Vabbè non sto a puntualizzare su piegoline e altro...) combaciasse bene.

Il fiocco forse è un po' vistoso, ma insomma... La dea delle ideone doveva darmi anche le misure senza fare troppo la spocchiosa.





Patrizia & me... Rose nella mente

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Quando ho raccontato della vecchia Singer, sinapsi dormienti di qualche remoto angolo di cervello si sono accese. Di neurone in neurone la corrente elettrica è saltellata fulminea attraverso la ridotta calotta cranica, portando alle mie narici il profumo delle rose rosse della rampicante della casa d'infanzia.

Sotto il suo sguardo vigile abbiamo combinato diversi pasticci, io e i miei fratelli. Bucolica immagine, allora venivano a mangiare greggi sul prato a fronte. La rampicante abitava in via Sorte (alla fine della strada sta il cimitero...).

Mi sono chiesta se la rosa potesse mai essere ancora viva. Ci sono passata tante volte davanti, ma mai, mai, mi è salita la curiosità di notare la sua presenza o la sua assenza. Così mi sono messa in cammino, sfidando la Sorte al contrario, dal cimitero alla casa... 

Delusione. Non c'è più. 

Mi sarei stupita in realtà del contrario.

Tuttavia nella camminata era viva nei ricordi e tornando, dopo aver digerito la delusione e i pensieri esplosi, ho pensato che potrei scommetterci... 

Potrei scommettere che ciascuno ha almeno una rosa nel proprio giardino dei ricordi. Probabilmente più di una. 

Nella camionata di dipinti, ho ovviamente trovato anche le rose rosse.


Avrei tanto voluto provare il Coloris rosso e verde, ma me ne rimaneva un brandello e come la volpe, ho esclamato quanto i colori fossero troppo brillanti. Grande fortuna! Ho scovato una commovente combinazione di verdi e violacei che mai, mai... avrei associato al rosso e che Patrizia mi ha fatto scoprire. I colori sono i suoi e nella pittura affascinano, ma la vibrazione che il filo restituisce parla alle mie fibre con una ricchezza di dettagli e di ammiccamenti che mi scivolano più profondi dentro. E' come se le arti visive avessero un proprio linguaggio e pittura e ricamo fossero dialetti distinti, comprensibili a chi li pratica abbastanza.

Se non frequentate i social, forse non sapete che Patrizia ha partorito il risultato della sfida. Perfida e vendicativa, ha pubblicato solo alcuni stralci, che io ho subitamente commentato con una penna virtuale rossa e blu...
Ho trovato uno sconfinamento:



Ma ho trovato anche uno stralcio che mi fa intuire grandi meraviglie e vibranti ricami. Le mani fremono in attesa della seconda camionata...





Patrizia & me... Equilibrio di imperfezioni

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Ricamare il mare mi ha regalato un metodo di lavoro... Imperfetto, improvvisato, divertente: scelgo un tema e lascio che invada la mia vita quotidiana, mentre navigo in rete, leggo libri, visito qualche mostra o evento, lasciando che la mente vaghi e ritorni, evocando soluzioni, portando ispirazioni. 

Non è l'approccio dello studioso. 

Non lo sono (purtroppo o per fortuna o per necessità). Rifuggo i cenni storici (credo sia una sorta di fobia scolastica), anche se poi magari alla fine qualche informazione utile vado a cercarla. Non miro a compilare trattati. Non conosco così a fondo la letteratura per sfoggiare repentina fonti autorevoli e forse mi interessa solo in parte cercarle. Improvviso e lascio al caso. 

Se state scuotendo la testa, fate bene. Un giorno, lo prometto, crescerò anch'io.

Digito ad esempio libri + rose e guardo le copertine, leggo qualche recensione. Mi faccio un'idea di cosa c'è e scelgo a sentimento. A volte prendo delle cantonate atomiche, come il primo romanzo prenotato in biblioteca. Una sconfinata banalità, una sola rosa raccolta. Anche il secondo, poveretto, non è decollato. Charlotte Bronte ne avrebbe fatto un capolavoro, ma sarebbe stato troppo simile a quello che già circola. Per fortuna l'ho ascoltato in audio, così almeno ho ricamato. C'era qualche rosa in più, ma se fossero state petunie non sarebbe cambiato niente.

Non è vero.

Al di là degli espedienti commerciali nella scelta di un titolo (o della loro traduzione - esperti di marketing datevi all'ippica), ho fatto caso a due grandi temi coinvolgenti le rose (tomi da due quintali di potatura e dizionari da tre di specie a parte): libri sulla passione, con copertine rosso fuoco (li ho scartati: sono allo stesso tempo troppo piccola e troppo vecchia per certe cose) e libri nostalgici. Mi ha attratto e incuriosito quest'ultima categoria, dove le rose fanno da sfondo a storie di lutto e rinascita, memoria. Un po' come la rosa di via Sorte. Probabilmente è un fiore simbolo, a cui associamo immagini.


Ho divagato come al solito. Il punto è che stavolta ho coinvolto anche Patrizia e sospetto che a breve bloccherà il mio numero.

Volevo in realtà raccontare che, per capire la pittura di Patrizia Silingardi, ho fatto qualche ricerca sull'acquerello giapponese, che riversa su carta la natura in tutta la sua spontaneità e sono finita ad ascoltare un audiolibro sul Feng Shui...Vento e acqua. E poi sul WA e sul concetto dell'armonia in Giappone. E ridacchiavo mentre leggevo che la bellezza zen si basa sul valore dell'incompleto, dell'asimmetrico, dell'imperfetto

Sarebbe il vuoto l'origine di tutto. 

Beh...

Ho preso un suo bel dipinto e l'ho fatto a pezzi, sistemando i frammenti qua e là, senza logica, d'istinto. Senza simmetria, senza predisposizione di un modello.

La trasformazione è in corso...

Mi sto Patriziando.

Lei si sta Elisabettando.

Ieri mi ha mostrato un disegno dicendomi che l'ha scartato perché era troppo a-simmetrico. 

Non si era accorta di averlo detto...


Sulla tovaglietta dirò oltre la settimana prossima, perché ho stufato abbastanza! Grazie a chiunque sia arrivato alla mia ultima riga!


Patrizia & me... Come le erbe in passeggiata

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Il lancio delle sfide impazza, dopo la fruttuosa provocazione che avevo scagliato contro la Patty e su cui io e non solo io sogno e sogniamo impalpabili tende in bisso e cose varie.

La Gabriella Gabry di Conti e Molinari ci ha fatto recapitare, in groppa a qualche corriere, una tovaglietta confezionata con un misterioso linone, di cui non riesco a carpire i segreti, e, come già vi avevo mostrato nell'ultimo post, io ero corsa a disegnare rami rubati dagli ordinati (...) dipinti della Patty, distribuendoli fluidi sui bordi, con la logica dell'improvvisazione, a me del tutto estranea.

Ricordo che ero preoccupata del risultato finale, mentre camminavo lungo l'argine dell'Alpone, che è la mia fuga dai malumori domestici, dagli strilli dei bambini, da quelle tristezze che inspiegabilmente o a ragione attanagliano talvolta una certa zona sotto le costole. Se vinco la resistenza, la pigrizia e la convincente scusa di non avere tempo, raggiungo in pochi minuti la sponda destra del corso d'acqua e lentamente, ma percettibilmente, la morsa si allenta. Scemano i rumori, si allarga la vista su cielo, campagna e prealpi; l'acqua scorre a prescindere dai miei malumori, gli uccelletti svolazzano incuranti. E tutto si ridimensiona.

Dunque camminando riflettevo sulla mia audacia in un riporto così sconsiderato, finché il mio sguardo non si è posato sulle erbe spontanee sopravvissute alla recente falciatura per la vicinanza a pali, tronchi d'albero, sostegni per le viti, zone intricate tra gli olmi: sgangherate, coloratissime, disordinate... Bellissime. Ho cercato di capire dove stesse l'equilibrio in quella composizione. Non una foglia fuori posto. Non un'erbaccia che avrei strappato per migliorare l'inquadratura. Avrei eliminato quel blocchetto di cemento, quelle assi coi chiodi e la sedia squarciata. Nient'altro. 

Curve sinuose che puntano al cielo, posate senza righello. E mi affiora il pensiero che imparando a sentire, si possa evitare di cadere in errore.

Ed è questo, forse, il segreto di Patrizia. 

Mi racconta che deve isolarsi nel suo studio per non avere distrazioni. Deve annullare i pensieri e , io credo, connettersi a quell'io profondo, che dimentichiamo di indagare, e che forse è lo stesso che guida la mano che impugna il pennello e il percorso del seme attraverso la terra.



Avrò ancora una settimana per percorrere tutto l'orlo della tovaglietta e nuovi fiori spuntano, in attesa di farsi colorare. Poi forse dovrò fare una pausa mare e quasi quasi mi viene una certa idea...



Patrizia & me... Annaffiare i ricami

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Non può essere una coincidenza, dunque la assumo come legge: se voglio fotografare un ricamo in giardino, inizierà a piovere.

Qualcosa mi ha imposto di uscire lo stesso, sfidando l'imminente catastrofe, perché dovevo fare le foto fuori. 

In giardino.

Ahimè!

L'universo mi chiama in giardino. 

Le letture sulle rose mi portano a mettere il naso fuori, mi costringono a rimettere in discussione il mio pollice nero di cui andavo tanto orgogliosa, mi istigano ad imparare ad ascoltare certi movimenti tra le foglie e a scorgere la quotidiana crescita silenziosa della vita là fuori.

Accipicchia. M ci mancava solo questa.


In cerca di un calendario di eventi con esposizione di rose, mi sono imbattuta nel World Naked Gardening Day...
Mi spiace per voi, ma la ricorrenza è già scaduta. Salvate la data per il prossimo anno! Primo sabato di maggio. Il manifesto di questa giornata mondiale è... Tutti nudi in giardino! Si fanno le foto, strategicamente rese decenti dall'uso geniale dei vegetali e le si postano nelle apposite bacheche.

Ora... 

Non metto link per non sembrare una poco di buono, ma se siete maggiorenni, fatevi una googlata. I ragazzi tatuati coi cactus meritano di essere aggiunti alla vostra galleria di Pinterest.

Arriviamo al dunque: Patriiiiziiiaaaa! Hai provveduto alla tua foto del primo sabato di maggio, mentre dipingi le rose dal vivo?


Termino il post con un paio di informazioni pratiche sul misterioso linone, non più misterioso, perché ora ha il suo link sul sito di Gabriella Molinari: https://www.contimolinari.it/prodotto/linone/?fbclid=IwAR2X5DNTNchlIGXmnRP9PB4XZ04I4s0MgroRxhB1C5B1uXgyM3v-ctC3tAQ

La tovaglietta già confezionata è invece nel reparto I Ricamabili: https://www.contimolinari.it/prodotto/tovaglia-art-linone/?fbclid=IwAR3va-uhUYtAWYpvfgBQrmpLYeekh10aPja54J62uJl8XA3Id0r57VijQvg


Patrizia &me... Le rose al giardino delle rose

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Loro dipingevano rose e io avrei tanto voluto avvicinare una seggiolina, tirare fuori la mia, tutta strapazzata (che però ahimè non avevo portato), e stare lì a farmi raccontare di quelle che crescevano intorno, così sane e belle e aromatiche. 

Eravamo al giardino del Museo Etnografico delle Dolomiti Bellunesi. Domenica. 

Patrizia! Se ci fossi stata anche tu sarebbe stato super... Ma il pavimento non sarebbe rimasto bianco.

Avevo trascinato l'entusiasta famiglia, senza farmi intimidire dalle serie argomentazioni del figlio di mezzo sull'inutilità di una visita guidata ad un giardino di rose, detto inscenando qualcosa come un conato di vomito. Imperturbabile avevo minacciato di fargli saltare la cena, o, peggio, di obbligarlo a mangiare la mia insalata di riso integrale (con mia interpretazione di rimando).

La guida aveva raccontato delle rose antiche e delle rose moderne e siccome un po' mi ero preparata, sorridevo beata e incameravo le sensazioni che la teoria da libro non ti può regalare, associando vista, tatto e odorato. Non badavo al figlio di mezzo che faceva finta di svenire.

Ah! Il profumo delle rose antiche! Allora è vero che l'Acqua di rose sa di rose!

Non voglio tirarla lunga, anche se avrei una card piena di foto. Mi preme solo annotare che durante la visita mi è tornato un concetto, che da quando mi sono presa e persa a leggere e a ricordare di rose grazie ai ricami di rose, si inserisce tra le righe e si insinua nei pensieri e che è quell'attitudine, tutta umana, di affidare le storie ad una creatura, vitale o artistica che sia, per salvarle dall'oblio e far loro acquisire un senso, nel caos degli eventi. 

Alle cure del giardino di Cesio Maggiore è stata affidata la rosa raccolta sul greto del Piave dopo la tragedia del Vajont.

E mi perdo in queste ore a immaginare come l'uomo o la donna, innanzi alla desolazione, con la morte negli occhi, abbia potuto e saputo (e credo ci voglia una certa forza, o dote, o sentimento) scuotersi di dosso il tragico spettacolo e riuscire a muovere l'occhio ed essere in grado di riconoscere una vita silenziosa, a cui forse pochi avrebbero fatto caso, prenderla con sé, cercare qualcuno che potesse prenderla in cura, qualcuno di speciale e di esperto, perché la rosa avrebbe dovuto sopravvivere e raccontare. E dentro questa sua sensibilità intravvedo altre storie, di madri, di cura e di attenzione e il racconto più grande del desiderio e della speranza che nonostante tutto ci sia sempre qualcosa da salvare. 

E noi che affidiamo le nostre storie alla tela forse abbiamo imparato nel tempo a direzionare l'occhio in un certo modo, e a interpretare. Nel Museo anche noi possiamo avere orecchio...


E intanto io procedo con la mia rosa strapazzata e mi si muove un sorriso di coincidenza, ad accorgermi che la citazione ricamata, per il grest estivo delle bambine, rimanda a quella cura, nella cura. Ma aspetto foto decenti per ragionarci meglio sopra.



Patrizia & me... Anzi... Pierre Joseph & me... Alto tradimento!

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Quelle tra voi a cui ho strappato un sorriso, fotografando la stampa nel quadro, sono state mie silenziose compagne di avventura. E se non vi ricordate perché avete le stampe di rose dipinte, sono qui a raccontarvi dell'omaggio di Rakam di almeno 25-30 anni fa. Sono sempre state sotto i miei occhi, appese nelle case in stanze diverse, di volta in volta. 

Non ricamerei mai rose, mi dicevo. 

Leggendo un libretto che mi faceva paura perché ripercorre dalle origini primordiali la storia delle rose (Il romanzo della rosa di Anna Peyron), con la paura di morire di noia, intendo (paura fortunatamente del tutto ingiustificata), mi sono imbattuta in un pittore di corte, Pierre Joseph Redouté, che aveva fatto una mirabile opera di pittura naturalistica e di natura enciclop
edica. Così, presa dall'eccitante dubbio di avere qualche Redouté in casa, sono andata a decifrare la sottile scritta alla base delle stampe di Rakam. Ho mantenuto un regale contegno, mentre urlavo a figli attoniti e insensibili che erano proprio sue.

Dunque avevo deciso di prendere i colori da uno dei quattro quadri, per il pezzetto per il grest delle bambine. Avevo scelto il più rosa confetto e ricamato il tutto.

Sul mentre dell'ultimo punto, avevo intuito l'alto tradimento. 

Prego tutti e tutte di non riferire a Patrizia che oggi faccio un post Pierre Joseph & me, bypassandola del tutto. Potrebbe rimanerci oltremodo ingrugnita.

Dovesse venirlo a sapere, mi toccherà scucire il pranzo.



Sulla via delle rose è inevitabile incontrare certi personaggi ed Antoine de Saint-Exupéry è uno che ti ammicca facilmente, mentre percorri i viali. La frase è sua, ma siccome ero una vispa e sciocca giovincella, quando l'ho letto per l'unica e ultima volta, aspetto a commentare, per avere parole più serie, dopo averlo riletto nuovamente ora, che ho poco senno in più, ma un occhio che guarda da un'angolatura diversa.

Patrizia & me... Il tempo delle rose

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La frase di per sé non è di quelle che ti spalancano l'illuminazione. A me fa l'effetto delle massime che appaiono un po' banali, ma che si sedimentano in un angolo del cervello, come archiviate per aspettare che un senso più profondo emerga.

D'istinto l'ho scelta per il grest estivo delle bambine e mentre ricamavo cercavo di capire perché. Credo tutti sappiano che è estratta da Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry. Chi ha figli intuisce subito. Quel "tempo perduto"è lunga privazione e dedizione, forse annullamento, oppure, chissà, migliore espressione di sé. 

La frase segue con Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Il gioco diventa facile se la protagonista della storia è una rosa. Quella che vedete in foto è la stessa che avevo acquistato per fare le prime foto dei ricami Patrizia & me. L'avevo rinvasata e la poveretta aveva chinato il capo dei boccioli e dato grossi segni di sofferenza. L'avevo spostata più volte cercando di intuire dove le fosse più gradevole stare, l'avevo annaffiata tutte le mattine lusingandola per le sue nuove fogliette e, nonostante il mio proverbiale pollice nero, aveva messo sette boccioli e stamattina ne ho contati altri quattro. Ho visto rose magnifiche al Museo etnografico delle Dolomiti Bellunesi, ma questa piccoletta anonima ha acquistato un valore speciale.

Ma a voi la frase non smuove qualcos'altro? Un qualcosa che si insinua tra i fili e le ore spese sulla tela? Io l'ho capito quando, per un breve periodo, mi sono data alla ricamatrice programmata. Non riuscivo a rispettare i ricami a macchina. Quando li avevo tra le mani non mi scappava un sorriso, non affioravano ricordi estesi. Tanti si stupiscono del tempo che perdiamo a ricamare. Solo chi fa, sa che è un tempo che ritorna, indipendentemente dalla qualità dell'oggetto prodotto. E chi ha osato sostenere che è cosa inutile e che i giochi di gruppo favoriscono di più la socialità, non ha probabilmente avuto la pazienza di sedersi un attimo ad osservare la qualità più intima e produttiva della relazione tra le bambine al tavolo, che solo condividendo lunghi tempi può nascere, fatta di sostegno, condivisione dell'entusiasmo, superamento del momento di noia. Dico questo ben sapendo che a seguire servono anche i giochi di gruppo.

E lancio a Patrizia la domandona...

Vale anche per la tua pittura?


Achille e l'idea della settimana delle conchiglie

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Per la nascita di Achille sono finalmente tornata al mare... 

Dopo tante rose, riprendere un font, scarabocchiare qualche ricciolo, due conchiglie e un paio di gabbiani più grassocci del solito, è stato come partire davvero. E siccome per una ragione o per l'altra la consueta settimanina di giugno al mare salterà, almeno così l'estate tardiva parte almeno nei pensieri.

Poi c'è un gran Ricamare il mare, nei social, con mia grande sorpresa e mio indicibile entusiasmo. Sono partite le domande e le richieste di chiarimenti e allora l'idea della Settimana della conchiglia ha preso forma. Stamattina ho preso due conchiglie, le ho ricamate fotografandole passo passo e un po' per giorno a partire da domani cercherò di aggiungere alle immagini qualche spiegazione.

Per partire serve soltanto un po' di tela a telaio con gli altri ovvi accessori e, se si vuole, qualche conchiglia in bella posizione per farsi tentare con colori diversi e su cui ricordi posare lo sguardo.

E per chi avrà voglia di fotografare e postare... Sarà bello consultare la galleria! Ashtag suggerito: #letshaveashell


Let's have a shell! Il disegno

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Eccomi dunque con... La Settimana della conchiglia

Vado subito al sodo.

A chi ha il libro (Ricamare il mare - A sea to stitch) consiglio di ricalcare e di tagliare conchiglia piccola e grande, o solo una, ovviamente, ma meglio la grande (non perché oggi io mi senta più cattiva del solito, ma perché è più facile orientarsi tra i fili che si tirano dopo l'imbottitura). Con una matita o una penna termosensibile (in foto) si ripassa il solo contorno e la fase 1 è bella che completata. Chi non ce l'ha disegni pure a mano libera, considerando che la conchiglia più grande ha una rotondità con un diametro di circa 1,5 cm (può anche essere leggermente più grande) e quella piccola di 1 cm.


Senza farsi prendere da una crisi di panico e blocchi creativi ingiustificati, si disegnino tante belle zone concentriche all'interno dello spazio delle conchiglie, alla distanza di circa 1mm.

No.

Non misurate il mm.

Davvero.

Vi vedo! 

Non fatelo! 

Anche perché io nella conchiglia piccola ho evidentemente sballato le misure, ma non mi risulta sia morto nessuno.

Ci serve solo per avere una guida per le imbottiture seriali su cui non vi farò dormire la notte successiva a questa, perché per oggi ho già finito.

Lo so che il mio è un comportamento crudele e scorretto, ma non voglio che mi si dica che sono andata troppo in fretta.

Le zelanti, tra voi, che penseranno di utilizzare tutta questa sovrabbondanza di tempo a disposizione  per disegnare 375 conchiglie, ricordo che potreste scoprire che il ricamo delle conchiglie vi annoia e che avreste consumato dunque molta grafite o molto inchiostro per nulla. Preparate invece un paio di filati neutri, tipo DMC 842 e 3865: un beige e un biancastro (ma se non li avete considerate che verranno tutti coperti).

A domani con una noiosissima quanto utile imbottitura!


Let's have a shell! L'imbottitura

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Bene, bene! E' arrivato il momento di imbottire le 375 conchiglie... 

Premetto che a suo tempo avevo ipotizzato sistemi più rapidi e strategici per imbottire, ma l'idea di sfruttare i materiali già in uso, senza dover suggerire spese accessorie inutili (e garantire lavabilità e stiro), mi aveva fatto elaborare questo sistema di imbottitura ricamata a zone concentriche. E' comunque mia intenzione provare metodi diversi e di metterli in discussione (eh! lo so che avete in mente il feltro! L'ho già tagliato e vi farò sapere!). Prima però, qui spiegherò lo stesso che ho pubblicato sul libro Ricamare il mare - Asea to stitch.

Suggerisco di mettere a telaio il pezzo e di lavorare a tre fili e a punto lanciato la copertura dell'area più interna. Qui ho usato il DMC842 e nella piccola il DMC 3865, ma un beigeastro e un biancastro qualsiasi andranno bene. 

Terminata la prima area si sovrapporrà ad essa una seconda serie di lanci, perpendicolari ai primi, a coprire l'area interna successiva. Con le due foto che seguono cerco di suggerire il movimento di lancio alternato, che possa evitare di caricare troppo il rovescio del lavoro. Anziché, cioè, eseguire il classico punto piatto, si può optare per un punto lanciato da destra verso sinistra e poi uscire lateralmente per eseguirne un altro da sinistra verso destra (e così via).




Facile intuire che poi il lavoro procederà monotono con il ricamo di aree perpendicolari l'una all'altra...


Giunti all'ultima copertura si dovrà decidere se siamo davvero arrivati al dunque, oppure se manca qualcosa...


Qui manca qualcosa. 

O meglio... Questa direzione dei punti non mi piace...


E non mi piace perché le coste che lanceremo domani andranno nella stessa direzione, complicandoci di molto il rammendo. Dunque suggerisco un ulteriore copertura...


Punti morbidi morbidi, senza impazzire di precisione. 

Volete extra spessore? Aggiungete lanci in tutte le direzioni tra uno strato e l'altro! 

Questa che ho proposto è l'imbottitura minima richiesta.


Let's have a shell! I raggi

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Lo so che queste conchiglie sembrano un po' piattarelle. Non ho voluto esagerare nel primo esperimento proposto, perché un ricamo non troppo tridimensionale è più facile da gestire nello stiro e nell'uso. Ma ho già avviato i miei primi esperimenti a tre e cinque strati di feltro e... Beh! Non spoilero.

Oggi i raggi, che domani andremo infine a rivestire. 

Consiglio ancora tre fili di mulinè e un colore qualsiasi, che tanto li copriremo bene.

Cioè... Ok... Per sicurezza eviterei cose tipo verde bottiglia e blu elettrico, a meno che non abbiate sognato proprio così la vostra conchiglia e allora poi dovrete davvero farcela vedere. Ecco... Già mi viene voglia di provarne una verde bottiglia.

Non divaghiamo. 

Tre fili di mulinè ed esco in punta. Poi lancio...

Sempre per evitare lunghi inutili lanci sul rovescio, ho pensato di uscire lateralmente (2mm? Non misurateli).

Spero che la foto sia chiara: non torno in punta, ma entro poco più giù, perché così nel movimento successivo posso tornare in punta con un brevissimo salto e ricominciare. 



Niente di ché, giusto? Non credo ci siano dettagli degni di nota, se non, forse, la posizione dei raggi dove il profilo della conchiglia fa una curva. In quel punto non partiranno dalla punta, ma più in basso. Nessun problema.

Aggiornamento, in seguito a domanda: I raggi devono essere dispari?

No, no! Nessun conteggio necessario, in questa conchiglia! L'importante è che i raggi non siano troppo fitti (sennò si impazzisce e non si leggono le coste) e che non siano troppo radi (sennò rimangono un po' sparute).

Ricordo comunque che per qualsiasi dubbio o domanda, potrete scrivermi sui social o via mail (elisabettaricami@gmail.com)!

A domani con la parte più antipatica e dunque più divertente!



Let's have a shell! L'ambita copertura

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Oggi giornata che farà discutere: col punto rammendo (soprattutto questo un po' strano, che in realtà un rammendo non è) qualche dubbio viene sempre. E, superata la tecnica, già anticipo che sarà necessario prenderci un po' la mano per non accavallare i punti e regolare la tensione. Ma confido che la 375esima splenderà come una madreperla.

In foto ho segnato il numero dei filati che ho usato io: tutti e quattro nella conchiglia più grande (DMC 435, 632, 712, 738), i due più chiari in quella più piccola. Ma so che voi avrete la vostra conchiglia ispiratrice dinnanzi agli occhi e che avrete scelto i filati opportuni, anche fosse il verde bottiglia.

Il punto da utilizzare è il classico rammendo che si usa nel ragnetto a rammendo all'indietro (in italiano non è chiaro il nome... consiglio di cercare in rete Ribbed Spiderweb stitch, se non vi tornano i movimenti), che ho però modificato nella sua versione lineare (perché non gireremo in tondo).

Passo sotto un raggio, torno sui miei passi avvolgendolo (solo movimento dell'ago, senza prendere la stoffa) e passo nuovamente sotto di esso, scivolando questa volta anche sotto il successivo.

La schematizzazione già vi racconta che noi, con il lancio alternato dei raggi, abbiamo complicato un po' le cose, dunque seguitemi un attimo...

Per iniziare esco ad un lato della punta. Io sono uscita a sinistra.

Inspirate, osservate sulla vostra tela...

Non tutti i raggi puntano in punta, giusto? Perché li abbiamo fatti cadere alternativamente in punta e un po' più in giù.

Niente panico!

Lavorerò le prime due o tre righe solo sui raggi a cui ho accesso.


Come si vede in foto, passo sotto il primo raggio di cruna, per non pizzicare filo e imbottitura.


Torno indietro e passo nuovamente sotto di esso, slittando anche sotto il raggio successivo (quello accessibile, che è quello dopo ancora). E così via...


Arrivata alla fine della riga mi porto sul rovescio e torno al punto di partenza, sul profilo opposto. Questa volta non riesco a farvi risparmiare filo sul rovescio... Ho provato a fare rammendi avanti e indietro, ma ho visto che viene molto irregolare e bruttino.



Inizio una nuova riga e procedo così finché non si "sbloccano" i raggi interni (dopo due, tre o quattro giri). Poi inizierò semplicemente a lavorare su tutti i raggi.


Tecnicamente avremmo detto tutto, se avessimo da ricamare un righello.

Noi qui invece abbiamo una conchiglia che ha avuto come ospite un animaletto col vizio di aggiungere ogni anno una o più righe al suo guscio, registrando a colori il suo umore e lasciandoci in eredità la sua storia scritta sulle curve di accrescimento.

Curve...

Non linee dritte, belle e semplici.

E se noi rammendiamo ignari e spensierati, ricameremo strade di pianura, canali da risaia. 

Ecco dunque che dobbiamo aggiungere una complicazione: dobbiamo raddoppiare i punti al centro, quando perdiamo la curvatura (la linea di controllo è il profilo della conchiglia).

Per raddoppiare i punti al centro si passa sotto ad un raggio senza slittare sotto il successivo, così per forza lo si ricoprirà due volte.





Chi tra voi sta argutamente pensando che anziché raddoppiare i punti si potrebbe lavorare una riga ridotta al centro... Ha tutta la mia comprensione. Ci ho provato, anche perché sarebbe stato più semplice spiegarlo. Ma fa discontinuità, purtroppo. O almeno io non ce l'ho fatta. Fatemi sapere.

Una nota sui colori. 

Vedo che non ho fatto una foto aggiuntiva, che in effetti poteva tornare utile... Lascio i fili in sospeso, così posso alternare i colori senza continuare a chiudere e riavviare. Cambio i colori un po' a sentimento, un po' guardando le originali. Belle le righe isolate a contrasto.


Spero di aver detto tutto. Spero di aver fatto rispolverare qualche ago. Spero anche di essere riuscita ad aggiungere chiarezza al libro, dove il compromesso dello spazio mi aveva impedito vaste gallerie fotografiche. Rimango ovviamente a disposizione per domande e altro, sui social o via mail, ma invito a non abbandonare la nave, perché nei prossimi giorni mostrerò le mie prime due prove con imbottitura a tre e a cinque feltrini. 

Doveste postare le vostre 375 conchiglie, su Fb o Instagram...Ricordate l'ashtag #letshaveashell, così avremo una bella galleria di riferimento!

A prestissimo!


E se provassimo un'imbottitura in feltro?

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Oggi per la primissima volta, praticamente in diretta, faccio un esperimento di imbottitura, alla maniera del ricamo in oro. Mi chiedo come ho fatto a resistere così tanto tempo con la curiosità di vedere il risultato...

Dunque ho preso un panno di feltro bianco che avevo, di quelli piuttosto sottili e ho ritagliato tre forme uguali a quella disegnata. Uno l'ho lasciata intera, le altre due le ho rimpicciolite, una più dell'altra.


Ho appuntato la più piccola con un filo di mulinè e via via le successive sopra...




Ho ricamato i raggi...


E nonostante il nero snellisca (...), una certa bella pancia mi riempie di entusiasmo. Dunque domani proverò con... 5!


Se state pensando... Beh, vabbè! Potevi provarci prima e farci risparmiare tempo! 

Capisco. 

Ma ribadisco che l'ho escluso a priori sia nel libro, sia come proposta principale, perché la mia priorità è il principio dell'uso tradizionale dei ricami (che possano essere lavati e stirati senza accorgimenti particolari), a cui si aggiunge il principio economico, che consenta di eseguire qualsiasi ricamo con i materiali di base e quindi tutto a filo.

Ovvio che poi è divertente sperimentare e alla fine di tutto lancerò lo straccetto in lavatrice e vi dirò se la conchiglia si è calcificata come quelle vere...


Let's have a shell! Massaggia la tua conchiglia... Verde bottiglia!

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Eeeeeeh! Eh!

Ve l'ho fatta... La conchiglia verde bottiglia! 

Perdonate la foto un po' plateale, ma volevo un gran finale per questa settimana della conchiglia, che avete seguito in tanti, con mio grande stupore ed orgoglio.

Prima di invitarvi al seducente massaggio della conchiglia, procedo con ordine, mostrando la sequenza della conchiglia a cinque feltri che avevo promesso.





Inutile dire che il rilievo fa la differenza.
Rimane una sola domanda: resisterà al lavaggio? Ve lo farò sapere alla prima lavatrice!

Siccome mi scompensava aver saltato i quattro feltri, ho rimediato con la conchiglia verde bottiglia. 

Ed eccoci al massaggio.

Potete vederla come una premura tenera da rivolgere alla vostra conchiglietta, un po' come fanno quelli che parlano ai fiorellini (ho appena appena scoperto che esiste una playlist di Spotify di musica per piante), oppure, meno poeticamente, come un piccolo accorgimento per rilassare i fili e farli educatamente slittare al proprio posto e infine costringerli con la violenza a prendere tutti una tensione costante.


Io non lo so se è vero che funziona, ma male non fa. 
Semplicemente appoggio l'ago tra le coste e lo muovo a destra e a sinistra, sforzando un po' le due coste adiacenti. Mi sembra uscire più... pettinata.
E se così non è, mi divertirò a pensarvi con un tenero sorrisetto di biasimo sulle labbra, felice che siate tutti arrivati in fondo a quest'avventura!

Siate certi che non sarà l'ultima.

Peccato suoni come una minaccia.

Grazie e tutti!



PAtrizia & me... Il tempo perduto per le rose

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Eccoci con la ripresa del Patrizia & me tormentone.

Oggi un post veloce veloce per raccontare che sto disegnando un asciugamano e che siccome il disegno del cuscinetto per il grest piaceva a tutti tranne che a Patrizia e in molte mi hanno chiesto il disegno...

Ho chiesta alla mia mitica Laura Arnaldi di compilarmi un pdf snello snello, che potete scaricare sul mio sito a questo link (www.elisabettasforzaembroidery.it). Per scaricarlo, basta scorrere la home page giù giù giù oltre la galleria e cliccare sull'apposito pulsante dopo la citazione di Antoine De Saint-Exupéry. 



Patrizia & me... La Patrizia non c'è nella cartella colori

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Pare che botanici e orticoltori abbiano perso il sonno e il senno per cercare il gene della rosa blu, senza aver mai raggiunto un risultato soddisfacente. Mentre leggevo del loro grande sconforto, facevo spallucce, pensando che a ricamarle non c'è alcun problema. Siamo abili, noi...

Ohibò!

Quante parolacce, ieri! Manco i botanici tutti in duecento anni!

Quella bella bellissima palette che avevo fotografato tutta orgogliosa, con mirabile dipinto di Patrizia sullo sfondo, non solo ha dimostrato che gli azzurri non hanno minimamente a che fare col colore originale, ma anche che ricamati sul bianco comunicano una tristezza indicibile. 

Il dipinto no. E io devo rimanere fedele al Patrizia style, sennò il gioco perde il suo senso.

Credevo che l'errore avesse avuto origine da quel germe di pigrizia che non mi aveva fatto tirare fuori la cartella colori (allunga la mano dietro di te, sfila la cartella dalla libreria, aprila: niente di troppo complicato, in fondo, eppure faticosissssimo). 

No, niente. Sospetto, ed è la prima volta che lo rilevo così chiaramente, che manchi qualche sfumatura dell'azzurro. Inizialmente credevo che le rose di Patrizia si collocassero nell'ottava colonna, perché c'è una vago tono verde acqua nelle pennellate. Sicura e ingenua avevo ricamato tutti i petali di tutte le rose. Poi l'avanzare della triste quiete che gli azzurri mi instillavano ha portato alla luce il dubbio. O meglio... Si è manifestato il dubbio che la luce non fosse quella del dipinto.


Dopo essermi dunque arresa a flettere il braccio e ad aprire la cartella colori, avevo scoperto che gli unici azzurri contenenti la vitalità della Patty stanno nella colonna 6, ultima gamma in fondo. Il punto è che lei non è così superficialmente provocante ed esibizionista... C'è nel suo azzurro quella nota verde acqua che è poesia nello sfolgorio e che non è contemplata nella cartella colori, ahimè, ahitutti! 


Ci ho provato, coi colori sfolgoranti, ma non piace.


Dovrò prendere qualche decisione.

Forse adesso semplicemente lavorerò al contrario partendo da foglie e boccioli e deciderò alla fine. Che fatica.




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