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Channel: Elisabetta ricami a mano
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Rituali di primavera

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Dedico questo post a Dorella, che mi ha sgridato perché vorrebbe che io tornassi a fare qualche post come una volta, con quei bei monogrammi bianchi e qualche link che apre un mondo di possibilità. 
Dorella! Prometto che prima o poi mi castigherò con un bianco su bianco, ma il colore è una droga e mi ci vorrà un po' per disintossicarmi!



Come ogni anno, lo spalancare le imposte, sul fiorire del cotogno giapponese, urla alle mie orecchie la necessità di registrare l'evento.

Il tempo, nella frenesia di distribuire il nuovo libretto, già cominciava a buttare a terra qualche petalo, ma io lo sapevo che, quando hai a che fare con questa fioritura, non puoi perdere neanche un secondo: esplode di colpo una bella mattina e poi il verde la inghiotte in un soffio di vento.
Dunque, complice una giornata di silenzio posta elettronica (l'occhio del ciclone?!), ho scarabocchiato al volo una G, presa dal fedelissimo Shepard, One hundred thirty Antique French Embroidery Alphabets (pag.96), decisa a fare un po' di punto pieno, che languiva a causa dei troppi papaveri.


Ho ingrandito la lettera a 9,5 cm di altezza e mi ci sono buttata con un DMC 840 (cotone da ricamo n 25-art.106), traformando le volute della G in rami. 
Ho provato a sfumare per un effetto tronco, ma non ci sono riuscita. Prima o poi ci riprovo.
Per le linee sottili ho usato un filo di mulinè dello stesso colore, lavorando a punto erba. Per le foglie ho ricamato un punto mosca fitto con il 580 e il 581.
I fiorellini mi hanno messo in discussione.


Ero partita con un paio di tonalità sature e sobrie, che già avevo usato per quella B tutta colorata (350 e 351), ma le vere tonalità dei fiori di questo ardente cespuglio sono altre. Fanno parte di quella categoria dei rosa indefiniti che non compreresti mai e che generalmente non si abbinano con niente. 


Ma uno ci deve provare, prima di giudicare.
Così ho introdotto un po' di 3706 e il ricamo ha preso tutta un'altra vita. 
Non ricamavo così freneticamente da tempo. Prima di oggi, metodo e disciplina il mio mantra, riponevo ogni filato bello arrotolato, prima di iniziare una gugliata. 
Il mio tavolo, invece, proprio ora mentre scrivo, è ricoperto di matassine srotolate, avviate e sgugliate, libri, agende e chiavi, scatole aperte e petali ovunque.
L'anno prossimo mi sparerò solo di terribili nuances.


Ho ricamato su una federa già confezionata di Graziano, regalatami dalla Gabriella di Conti&Molinari, una di quelle col lino tutto stropicciato, molto vintage
Mi raccomando! Non stirarla!
Beh... Ehm...
Io una stiratina je l'ho data!

Riparto dalle onde

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La tempesta che si è scatenata In quel campo di grano ha spazzato le mie fantasie sul mare, ma ora che la burrasca inizia a placarsi, riprendo il coraggio di tornare a riva.
Ho liberato dalla sabbia La casa estrema e l'ho riletto, questa volta in edizione cartacea. 
Carta batte Kindle. 
Purtroppo devo ammetterlo.
Se non altro per il gusto di aver rubato la copia alla Cesarina.

Ad Abilmente mi ero innamorata delle casette di Nadia Piscaglia de I ritagli di Napi (http://iritaglidinapi.blogspot.com/) e un suo kit mi è... Finito tra le mani! 
Grazie, Nadia!



Mentre ammiravo le casette, visualizzai qualche rosellina tra le tegole, ma ora, che sono passati tanti mesi e che è arrivato questo condizionamento oceanico, alcune onde hanno raggiunto il piccolo villaggio.


Cucire e ricamare le casette di Nadia, rileggendo il libro, ha ricreato quella giusta atmosfera meditativa, fatta di operazioni lente, ma accurate, in cui ritrovare la consapevolezza dello scorrere del tempo.
Ho apprezzato il cartonnage di Nadia, perché non  prevede scotch o colla, ma soltanto familiari gesti d'ago, che possono essere costantemente controllati e corretti per garantire la perfezione dell'esecuzione. 
E mi sono accorta che più tempo dedico a queste piccole cose (vincendo la frenesia del tanto e subito), più me ne innamoro. 
Più la resa è perfetta, più le rispetto e le conservo con cura.
E ho intuito le motivazioni profonde dei movimenti Slow: tornare a dare valore ai lavori fatti con cura, per rispettare di più tutto quello che ci circonda, per sentirci responsabili, per prevenire errori... O disastri.



Così ho lentamente eretto le pareti delle mie casette. 
Prima di aprire un'impresa edile avrò un bel po' da lavorare e arruolare Nadia come consulente della sedia accanto. 
Errori, cioè..., nonostante gli slow movements e tutta la pappardella della consapevolezza, ne ho messi a iosa. Ma sono quegli errori didattici, che bisogna fare per imparare... 
Insomma, dovevo andare ancora più slow.

Ringrazio Nadia per avermi lasciato personalizzare la sua opera e pubblicare le foto. Sentivo il bisogno di lasciarmi condurre per mano in un nuovo lavoro, senza pensare e con la sicurezza di istruzioni precise. 
Era da tanto che non me lo concedevo più. 
E mi piace, perché un po' di Nadia è entrata nella mia testa e nel mio modo di indirizzare le idee per i progetti futuri.
Non possiamo fare tutto da soli e spero di non essere fraintesa quando dico che dobbiamo rubare un po' dagli altri per evolvere, perché da solo forse nessuno di noi avrebbe la capacità di partorire nuove idee. Rubare qualcosa per trasformarlo, impastando questa nuova farina con il proprio vissuto, ma rendendo merito a questo ingrediente prezioso che abbiamo scoperto nel nostro cammino. 
E il valore delle collaborazioni sta proprio nel farsi condizionare, per vivere un'esperienza creativa nuova, che ci mette di fronte ad imprevisti o che scuote il nostro solito modo di vedere le cose, di scegliere i colori, di elaborare disegni.
Poi magari scopri che i colori dei tessuti scelti da Nadia sono gli stessi della copertina del nuovo libro in programma, ma che languiva e ti si riaccende la motivazione, in un gioco di coincidenze che ti fanno sorridere e che ti spronano a portare avanti i tuoi progetti.



Ho ricamato la filza a due fili e le roselline a uno. Ho consegnato i disegnetti a Nadia, se qualcuno volesse aggiungere la decorazione alle sue già perfette casette.



Matrimonio di famiglia

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Oggi siamo di matrimonio. 
Si sposa mia cognata e dunque, in visione eternamente mammocentrica, la zia Anna, con colui che diventerà oggi ufficialmente lo zio Alberto. 

Scrivo mentre Mario e Alfredo lamentano di doversi vestire, che già hanno dovuto andare a farsi ingellare i capelli.
Io e Anita abbiamo da aspettare il nostro turno e stranamente non abbiamo granché da fare.


Dopo giorni di pioggia il sole c'è e sembrerebbe andare tutto per il meglio.
Solo che...

Entrambe abbiamo le scarpe col tacco.

Per lei è la prima volta.
Per me è come se lo fosse.

Vi farò sapere.

Sarà in ogni caso divertente.

Il monogramma AA è una rielaborazione di un disegno antico trovato in un collezione di disegni russi condivisi su Fb. Purtroppo non ritrovo il link di riferimento. 
Ho usato un ritorto d'Alsazia blanc. L'effetto che si ottiene, rispetto al cotone da ricamo n 25 solito, è di una maggiore brillantezza per la torsione più accentuata e l'aumentata discriminazione di ciascun filo posato. Con il 25 si ottiene una superficie più uniforme.





La ghirlanda di Loreta

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Al lunedì mattina faccio una specie di corso qui dove vivo, in una stanza dell'Associazione FantasiArte.

Se dico specieè a causa del carattere un po'... anomalo del gruppo e dal fatto che i ruoli inesorabilmente si stanno ribaltando: io vado lì a trovare la mia maestra cattiva che mi punisce se sbaglio e a mangiare popocorn mentre se la fanno, se la insegnano e se la raccontano. 
Io mi diverto un sacco. 

Nel gruppo c'è Loreta, che fino a poco fa era famosa per l'accumulo seriale di ricami finiti e non montati, con lamento di casa spoglia a cadenza bimestrale. 
Succede che un bel giorno ci arriva con una valigia di ricami confezionati e incorporati in scatole  e altro e noi sveniamo dall'invidia. Due abbandonano la sala per crisi di inarrivabilità.
In fondo alla valigia la tendina...

Loreta ha usato il disegno pubblicato sul numero 24 di Giuliana Ricama (settembre-ottobre 2018) e lo ha ricamato su una tenda, adattando i colori al suo ambiente. Perfetta mano a parte, interessante ammirare quanto muti l'aspetto del ricamo al variare dei colori.

In accordo con Loreta, abbiamo pensato di segnalare i nuovi colori usati, in caso qualcuno fosse interessato...

Rosa Marina (Hollyhock): DMC 3861, 3860, 3022
Lavanda (lavender): DMC 648, 3860+3866
Margherita (daisy): DMC 453, 3866
Ciclamino (Cyclamen): DMC 646, 415
Non ti scordar di me (Forget me not): DMC 451, 453
Rosa (Rose): 318, 415, 645
Fiocco (ribbon): DMC 648

La tenda vede al centro la ghirlanda, attraversata e contornata da mezzo giuliucci, chiusi da archetti di rose. 



Stoffa chiara o scura?!

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Oggi siamo di Cresima.
Avendo scritto e programmato questo post una settimana prima, mi figuro sotto l'ennesima pioggia torrenziale, intirizzita ma ebbra della saggia consapevolezza di aver optato per un sano paio di scarpe senza tacco. 
Mentre siete intente a leggere, i vicini di banco di Alfredo staranno senz'altro cercando di vincere la tentazione di dare uno scapaccione ad Alfredo che si agita sulla panca, giusto perché si trovano in chiesa. Mario sarà un po' in ansia, Anita intenta a prenderlo in giro.

Quando ho pensato ai lavori con il grano e i papaveri, il lino greggio mi pareva la soluzione più azzeccata, perché mi evocava i sacchi di farina e il colore della carta del pane.
Mi piaceva che le margherite sbalzassero fuori dalla stoffa, non solo per il punto un po' tridimensionale, ma anche per il contrasto con il fondo scuro: dopo averlo ricamato mi era parso di aver fatto la scelta giusta, ma una prova su tessuti più chiari mi aveva messo in confusione.
Il lino avorio (quello usato nelle bomboniere è un cremè di Graziano) esalta i colori e vivacizza. Ci perde forse un po' di stile, ma si adatta anche agli ambienti di legno.
Insomma non mi so decidere.

Qui cremè e greggio a confronto...


Per fare i sacchettini ho riportato e ricamato il soggetto al centro di una striscia larga circa 21 cm e alta 22, a circa 4 cm dal margine inferiore. Dopo averlo stirato, ho cucito il lato posteriore e la base e ho tagliato una pezza equivalente nel lino verde acqua (che vi posso assicurare essere azzurro e non verde...). Ho cucito il lato posteriore di quest'ultima e poi posizionato i due sacchetti dritto contro dritto, per poter cucire il lato superiore prendendoli insieme. Li ho risvoltati e sottopuntato a mano il lato inferiore del sacchettino azzurro.
Per fare il cordoncino ho arrotolato una gugliata da 6 fili di DMC 680 con una di 932.
Il disegno dei cuori è a pag. 15 di In un campo di grano / In a wheat field.


La L in un campo di grano

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Come sempre, mi sono fatta travolgere dagli eventi e non mi sono concessa lo spazio per aggiornare il blog durante la mia pausa nel campo di grano. 
Non mi chiedo da molto tempo perché lo faccio... 
Di tenere in vita il blog, intendo.
Quando l'ho aperto mi sono data una semplice regoletta, stupida, se volete: non potevo considerare un lavoro finito se non lo avevo fotografato e postato sul blog. 
Mi sono evidentemente presa sul serio almeno quella volta, perché sono passati più di dieci anni e quasi tutto quello che è uscito dalla scatola dei lavori (l'anta in vergognoso disordine, ad essere precisi) è stato fotografato e postato. 
Se sono durata è probabilmente perché così veramente portavo a termine un progetto, come antidoto alla mia pigrizia, il mio fatalismo e il mio vabbéfalostessimismo.
Una terapia all'inconcludenza a cielo aperto.
Morale della favola... 
Qualche volta prendere decisioni stupide va bene.

E siccome mancavo un po' dal blog, il blog mi mancava. 

La faccenda dei libri e tutto il resto mi hanno complicato un po' la vita e, soprattutto, mi hanno caricato sulla gobba un pacchetto di responsabilità che pesano e che qualche volta hanno piegato il mio umore. Siccome ho il sospetto che alcune di esse siano frutto della mia fantasia, particolarmente propensa a vagare per suo conto e a suggerirmi cosa ora non posso più fare o dire, urge di tornare al vecchio stile. 
Il blog è un luogo dell'anima, personale...

Risata collettiva...

Nel senso di una comunicazione pura, aperta e disinteressata! Suvvia!

Vorrei che avesse a che fare col lavoro il meno possibile. 
Vorrei tornare a raccontare le cose per come le faccio e per il loro perché, senza condizionamenti.
La soluzione che ho trovato è quella di aprire un sito dedicato alla promozione e al lavoro e di tenere il blog come diario personale.
Lo dico perché così mi decido finalmente a consegnare il materiale all'addetto alla questione.... Appunto!

Non volevo annoiare con tutta questa premessa, ma la foto di apertura mi ha innescato istinti nostalgici e quello squarcio di porta aperta sul futuro mi impone di sistemare alcuni aspetti confusi delle mie settimane.
Certo anche gli audio motivazionali di Audible non scherzano!



Prego notare la magnifica confezione, opera di Laura Tremolada de La cor:nice!
Avevo adocchiato al suo banco di Mantova, a Natale, una serie di composizioni elaborate grazie al recupero di legni grezzi e me ne ero innamorata. 
Così mi era permessa di chiedere a Laura qualcosa di simile, specificando che usasse assolutamente i legnacci
E con l'intento di dare un uso pratico e culinario alla cosa, è nata l'idea dell'appendino.





E' tutto oro quello che luccica - parte prima

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Ho appena concluso il mio ultimo corso della stagione e, combinando il viaggio, ho anche completato il mio terzo livello di ricamo in oro della scuola itinerante del mitico Jorge Maya.
Non ho mai scritto di questo corso, come di altri sul Luneville, perché non riuscivo a mettere molto in pratica quanto appreso e di personale avevo poco da comunicare.
Non che io adesso passi la giornata ad appuntare oro sulla tela, ma ho qualche notizia interessante da girare e il regalo che mi sono fatta per quest'estate, dopo un inverno un po' delirante, è di lasciarmi sedurre dal luccichio di questi strani filati e dal carattere anomalo di una tecnica che, a parer mio, ha a che fare col ricamo in un modo particolare... 
Connesso, ma distante. 
E come tutti gli outsider, estremamente affascinante.
Per me è una deviazione dal percorso, fonte di ispirazione e straniamento.



Mi avevano raccontato meraviglie di Jorge, così avevo messo in conto di frequentare il suo primo corso, organizzato a Grado, da Tombolo e disegni
Credo che allora fosse prioritaria l'intenzione di fuggire da casa due o tre giorni per farmi la passeggiatina mattutina sulla spiaggia e l'idea del pellegrinaggio a Tombolo e disegni, che non il corso in sé.
Avevo frequentato dei corsi piuttosto fallimentari in precedenza e mi ero arresa all'idea dell'ennesimo corso mediocre.
E invece in Jorge, come speravo, ho trovato didattica curata e meditata, e tradizione.
Speravo che il corso, al di là della tecnica, regalasse un quadro di una delle ultime realtà che ancora lavorano con il ricamo e che hanno un mercato, e così è stato.
I tre giorni erano volati e con loro rotte e consolidate alcune convinzioni:
- il ricamo in oro sivigliano è un duro lavoro da uomini (la mia vescichetta sul dito poteva raccontarlo);
- quello che a prima vista pare rude, ridondante e grossolano, se collocato nel giusto ambiente, contribuisce a dar vita ad opere di incredibile e impareggiabile bellezza;
- la tecnica è complessa, la sfida attraente;
- le allieve del ricamo in oro stramitiche.
Ne ero dunque uscita entusiasta e motivata. Mi ero comprata il fusello e qualche idea mi frullava in testa.


Avevo rubato qualche movimento a mio uso e consumo, proponendo, per le scritte, il couching di un filato dorato comunemente usato nel ricamo, con un sottile filo di poliestere.
Forse vi ricorderete il post in cui ne parlavo...


Come in tutte le storie d'amore che si rispettino, era arrivata ad un certo punto la crisi, forse motivata dalla stanchezza e dal fatto che non avevo mai messo in pratica i miei buoni propositi.
Così ero andata incontro al mio secondo corso senza tante aspettative e con l'idea che l'avventura era stata interessante, ma che avrei fatto quel corso e poi basta, visto che la tecnica era lontana dalle mie abitudini.
Chissà che ci ha messo Jorge nel caffè...
Terminato il corso, mi ero già iscritta al successivo.
E così la mia storia preziosa va avanti e già punto il livello successivo.
Le foto sono del secondo corso, perché ho sciaguratamente abbandonato campionario e fusello nella sala dei corsi. 


Nella parte seconda, racconterò di un breve indegno tradimento.

E' tutto oro quello che luccica - parte seconda

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E così, grazie ai corsi di Jorge, la mia ora quotidiana di depressione da stanchezza serale, che mi porta a vegetare davanti al pc (e a svuotare il frigorifero), da un po' era dedicata a far scorrere immagini sui ricami in oro. 
Mi stupisco ogni volta del fenomeno...
Quando impariamo a conoscere qualcosa di nuovo, l'attenzione del nostro occhio muta: mentre prima vagava annoiata senza meta sulle immagini, catalogandole tutte uguali, ora punta dritta al dettaglio e si stupisce di quanta superficialità avesse prima e si chiede come non facesse... a vedere. 
E allora ho scoperto che puoi ricamare l'oro in mille modi, con una grande varietà di materiali (che a volte non hanno neanche alcunché da fare con l'oro) e che puoi essere più o meno bravo e raggiungere diversi livelli di perfezione (come in tutto, del resto).
Che puoi appuntare sulla tela dei fili o costruire lussureggianti strutture tridimensionali.
Che puoi ricamare l'oro con devozione o per spirito artistico o anche solo per provarci e che ci sono nicchie di tradizione ancora vive e prospere.

I libri li avevo già tutti (comprati qualche anno prima sempre nell'ora depressiva, ma quella dei giorni particolarmente neri... quelli in cui scatta anche l'impulso compulsivo, per intenderci).
Tra i miei preferiti, la geniale Jane Nicholas con gli insetti in goldwork, su cui prima o poi vorrei fiondarmi (se amate lo stumpwork, non perdetevi le sue collezioni naturalistiche), l'elegante Hazel Everett e la trasgressiva Tracy Franklin.
Avevo anche seguito con grande ammirazione il The Marian Medallion project di Mary Corbett, che coniuga oro e ricamo in uno dei modi in cui mi piacerebbe arrivare a declinare l'oro.
Puntavo anche dei graziosissimi kit di un'autrice deliziosa, Becky Hogg, che aveva stilizzato degli animaletti adorabili. Più di una volta avevo immaginato di acquistare la volpe sullo shop della RSN, ma era sempre esaurito.
Gira che ti rigiro, scopro, circa tre settimane fa, che la Royal School of Needlework... 

Udite, udite!... 

Ha avviato dei...
CORSI ONLINE!!

Eh, eh... 

Posso sentire il coro di nooooo! Daaaaiiii! Ma stai scherzando??!!

Se anche tu sei di quelle che ad ogni settembre va a guardare i corsi della RSN, sognando di iniziare la scuola dei suoi sogni...
Guarda qui: 


Inutile dire che ho impiegato circa 25 secondi e mezzo per decidere di acquistare il corso di Introduzione al ricamo in oro e... che ti scopro?! Che il corso è tenuto da Becky Hogg! 

Funziona così: acquisti il corso, lo puoi già vedere tutto nella tua area riservata non appena hai effettuato il pagamento, nel giro di una settimana ti arriva il kit. 
Ero preoccupata di non capire un tubo (i corsi sono, ovviamente, in inglese). Io l'inglese lo scribacchio e lo leggo, ma con il parlato sono messa molto male. L'inglese di Becky però è ben scandito e parla con la giusta lentezza, accompagnando alle parole i gesti, ben ripresi. 
Mi sono accorta che quando parlava della storia o di suggerimenti generici capivo poco, quando spiegava i movimenti intendevo bene le parole. L'importante è avere un po' di dimestichezza con i termini del ricamo.
Così ho passato diverse ore con la mia Becky virtuale e ho completato il campionario fotografato.

Gliel'ho detto a Jorge che l'ho tradito, ma è stato interessante scoprire le differenze tra le tecniche e notare come le secolari tradizioni prendano una vita propria, macinate nel tempo in una ristretta zona geografica.
Non c'è niente di meglio o di peggio. 
C'è solo un mi piace o un non mi piace, che però è interessante, perché in quel contesto è funzionale o perché ti aiuta a decidere cosa ti è più affine. C'è un si fa così e anche così.



Indagando oltre, ho scoperto che Becky Hogg ha un negozietto Etsy...

Embè...
Mi sono comprata la volpe.
E solo per ottimizzare le spese di trasporto... Anche l'airone.



Due fili, un filo...

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Ai tempi di Un alfabeto a fiori, quando ancora l'inesperienza nutriva l'ingenuità di pensare che poche pagine potessero raccontare tutto quello che avrei voluto, scatenai una furiosa battaglia con la grafica, per evitare che mi ritagliasse troppo le foto. 
Lei in realtà faceva il suo sacrosanto ed esperto mestiere. 
Cercava il fuoco e scartava quelle zone della foto che ti fanno venire il mal di mare.
Il mio obiettivo, però, era quello di dare voce alle immagini, senza appesantire con le parole.
E fare in modo che, al di là di disegni e colori, venisse comunicata qualche soluzione applicativa.
Avendo perso la battaglia (cioè vinta, avendo compreso le profonde ragioni di Laura Arnaldi), mi ero ripromessa di compensare la mancanza sul blog. 
Ne è passata di acqua sotto ai ponti, da allora, ma ci ho messo un po', vi confesso, ad avere il coraggio di risfogliare il libretto. 
E' andato tutto troppo, e troppo velocemente.
Ma è tempo di tornare indietro nel tempo.
Così oggi colgo il termine del ricamo sul grembiule di G, dipinto dalla celebre Patrizia Silingardi e confezionato in collaborazione con Gabriella di Conti&Molinari, per ritornare col pensiero al primo set di colori, di pag. 30.

Avevo inserito la foto di una tovaglietta che mi era stata fornita già orlata e in cui angolo avevo ricamato la S...


... Che è ovviamente la soluzione più classica.
Avevo scoperto che, nonostante le dimensioni più o meno ridotte, le iniziali (o le composizioni) piene di fiori, hanno una particolare capacità di catalizzare l'attenzione e, nonostante un grande spazio vuoto, riescono a riempire, senza strafare.
Quando lavoravo su commissione, spesso mi trovavo a cercare di smantellare l'idea che le lettere dovessero essere ingrandite di molto, perché risultassero più appariscenti. 
Così spesso mi sono trovata a ragionare sulle grandezze del disegno e sull'equilibrio che il calibro del filato e le dimensioni dei fiori devono avere. 
Ero arrivata alla logica conclusione che lettere più grandi dovessero avere più fiori e non fiori più grandi e che eventuali ingrandimenti o rimpicciolimenti dovessero comportare una variazione del calibro del filato (principalmente aumento o riduzione del numero di fili di mulinè).
Così disegnai due alfabeti, uno alto 11 cm e l'altro alto 7.
Provai a ridurre quello alto 7 cm a 3,5 cm e la ricamai a un filo.


La fortuna volle che la proporzione fosse tale da consentirmi di ricamare con estrema facilità tutti i fiori, conservando il numero di giri del vapore e delle rose, come se nulla fosse cambiato. 
Davvero. 
Credevo sarebbe stato più difficile. 
Salvo problemi particolari di vista, credo che chiunque possa tentare.
Il ciondolo in soutache è opera di Sara Voltolina (Sara Bottoni - Bottoni in arte).

A un filo avevo anche ricamato le rose sulle casette di Nadia Piscaglia...


E senza averlo progettato, mi accorgo, scrivendo questo post e allegando i link delle ragazze con cui ho collaborato e di rimando pensando a tutte le altre, che gli anni e questa avventura del ricamo, del blog, dei corsi, dei libri e delle fiere, mi hanno portato all'incontro con persone fuori dal comune, che hanno il coraggio di esprimere con la loro arte le grandezze e le debolezze proprie dell'animo umano, in una ricerca sana e continua, creando una sfera di comprensione e sostegno reciproco.

La G di Cesarina in tondo

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La Cesarina ce l'ha mandata il Cielo.
Credo che se un giorno dovessi dimenticarmi di andare al corso del lunedì e lei avesse le chiavi della stanza, nessuno si accorgerebbe della mia mancanza.

Da quando ha scoperto che non le conviene propormi lavori troppo impegnativi, perché poi finirebbe per odiarmi e sognare di uccidermi ogni notte, ultimamente mi esce con delle idee geniali, ma opportunamente ridimensionate.

Potremmo definire l'operazione come Riciclo Creativo di Lusso.

L'elegante scatolina vellutata esisteva già e il suo creatore l'aveva fatta produrre per contenere un barattolino di crema, o simili. C'era il logo stampigliato sul coperchio e, Ahilui!, adesso c'è la G.
Una G mirabilmente ricamata, checchè ne dica la Cesarina.



Ma non c'è una senza due...


Tessuti cremé e grigio perla di Graziano.



A che cosa servono le vacanze...

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Ogni anno mi riprometto di organizzare e programmare qualche corso estivo, perché io stessa trovo che sia l'estate il momento giusto per concedersi la serenità di tornare a imparare. 

Ma sono arrivata a giugno senza fiato.

L'ultima settimana ho fatto la spola tra feste di fine anno, visite mediche di controllo per tre, un'urgenza e il mio primo secondo esame di terza media...
Giornate spese a tentare di fare breccia nell'ottundimento annoiato da fine scuola di Anita, con una punta di divertimento e di sano sadismo genitoriale.

Ho avviato un lavoro a punto pittura per sfuggire allo sballo, finendo per rovinare le premesse con la fretta, usando colori sbagliati e un'ossessione poco produttiva.

Avevo trovato il mio ritmo.
Un lavoro in mano e uno a telaio, da portare avanti con calma in due momenti della giornata, alternando al lavoro manuale le incombenze al pc, le commissioni e i lavori di casa.
No... Preparare pasti umani ancora non era parte della mia perfetta giornata.

Peccato che la mia strategica daily routine sia durata poco più di una settimana e mezzo...

Ve lo farò vedere il pittura disastro, anche se è bruttino, perché ho tentato di fare una cosa interessante.

Ma oggi volevo parlare della funzione delle vacanze e della necessità di mettersi tranquilli in un angolino a pensare e a fare cose a caso, senza farsi troppe domande, per provare quella cosa che volevi tentare da tanto.

Ho scarabocchiato un campionario per il punto pieno, con due obiettivi:
- trovare un'imbottitura che consenta di ottenere a telaio lo stesso tipo di rilievo che si ottiene in mano;
- sperimentare o riepilogare punti di superficie o effetti di copertura.

Il mio primo passo è stato quello di ricamare quel serpentino caramelloso rosa. 
Sui colori possiamo insieme stendere di comune accordo un velo pietoso giallo a pois viola e farci battutine  sarcastiche per sdrammatizzare lo scempio.
Ho provato la lavorazione a bande, irregolari. 
Contavo i giri del rosa chiaro, misuravo a spanne l'intervallo... 
L'esercizio mi ha insegnato che, per evitare il diradarsi delle bande nella pancia e per enfatizzare la rotazione, dovevo mantenere la misura a spanne nella curva più ampia e non in quella interna.

Il ricciolo puffo con la giarrettiera mi ha fatto disperare. 
Volevo provare un reticolo simile a quello che si trova nel Crewel, ma l'avrò disfatto sette volte, con conseguente infeltrimento delle povere gobbe. Alla fine ho lasciato la soluzione meno peggio, che comunque non mi soddisfa.

Per fortuna, a seguire la frustrazione, è arrivata la mia creaturina simpatica: la volutina fogliosa verde.


Finalmente con lei ho trovato l'imbottitura giusta e sono riuscita a provare un intreccio che avevo notato nel ricamo in oro e che sarebbe stato interessante trasporre nel punto pieno. 
Non ho fatto altro che lanciare cinque punti da un parte e cinque dall'altra, alternativamente, inclinandoli rispetto alla direzione solita. Ho forse lavorato in modo asimmetrico, finendo per adagiare l'intreccio non proprio al centro, ma non sono certa che sia possa fare altrimenti.

Avevo disegnato lo stesso campionario da ricamarsi in mano...


Questo tratteggio si vede di frequente nelle iniziali dei corredi vintage. Anche qui i dubbi sono saliti alla gola. Mi chiedo se non sarebbe stato meglio usare, anziché un 25, un filo di mulinè o due fili (che sono più plastici), per evitare quell'effetto a gradini.

Mi sono bloccata con il ricamo della volutina fogliosa gemella gialla, a punto pieno semplicemente, ma con sfumature degradanti. Ho usato i fili che avevo e si sarebbero potute scegliere tonalità più azzeccate, ma...


Essendo lo scopo del campionario quello di far lavorare più la testa che le mani...
Va bene così.

A questo in fondo servono le vacanze.
A rallentare azioni, programmi e movimenti, per produrre il vuoto.
E a stare a guardare i pensieri che casualmente si scontrano facendo scintille nel buio.

Ho la mia prossima inizialina a punto pieno...

Mi stavo per dimenticare il ...Forget me not!

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Ai remoti tempi delle scorribande modenesi, io e la Patrizia cercavamo di venire a capo di come la pittura influenzi il ricamo e viceversa e di come ricamo e pittura potrebbero essere combinati.
Al Fili Senza Tempo del Castello di Levizzano avevamo allestito uno spazietto che illustrasse questa ricerca e ricordo con gran divertimento quei giorni in cui non ci conoscevamo molto bene e quindi ci trattavamo con squisita cortesia.

Patrizia... 
Li rimpiangi, eh?!

Vi avevo mostrato tutti i nostri primi lavori, eccetto questo Forget me not, perché era piaciuto per una pubblicazione DMC e allora il disegno me lo ero tenuto lì buono buono.
Ma è interessante, perché con Patrizia ci era venuta l'idea di ribaltare la faccenda e di provare a dipingere dopo aver ricamato.
Non ricordo a chi fosse balenata la brillante proposta, ma  sono certa che la povera pittrice tremò, all'idea di rovesciare un vasetto di tintura fucsia sul ricamo. 
Se l'avevo pensata io è perché sono una carogna.
Se se l'era procurata lei, la rogna, fu per ingenuità.
Ma come potete ben vedere, il risultato fu davvero interessante e non ci fu bisogno di ricorrere a smacchiatori.
Avevo ricamato con filati sfumati House of Embroidery.


Per la pubblicazione DMC, che doveva essere dedicata ai filati pèrlè, ingrandii il disegno, contenta di sperimentare finalmente l'effetto di un filato più ritorto e più corposo. Bisogna che lo faccia anche con il punto pieno.
Il risultato, come si può immaginare, ha un carattere più rustico, ma di grande effetto. Consente di coprire aree più vaste con minore sforzo e credo possa essere utilizzato per arredi d'uso comune che possano veramente essere sfruttati.


Il lavoro è apparso su DMC Broderie Embroidery N°04, dedicata ai filati perlè. 


Sulla stessa pubblicazione c'è anche un altro mio lavoro, in bianco su bianco, di cui purtroppo mi rimane solo una fotografia un po' bruttina...




I colori della lettera B

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A pagina 31 di Un alfabeto a fiori, propongo una palette piuttosto pallida, risultato di un percorso sperimentale che rimarrà per sempre nella mia memoria, essendo stato il primo nel suo genere e avendomi regalato grandi insegnamenti.
Mi sembra di fare una di quelle puntate di riepilogo delle serie TV, in cui non succede niente e ti pare che quella volta il regista non avesse tanta voglia di lavorare e avesse deciso di giocare facile recuperando vecchie scene. Spero che mi perdonerete. L'obiettivo è di ripercorrere il lavoro, per aggiungere quelle spiegazioni che, per esigenze di spazio, non potevo riportare sull'album. Il senno di poi e le foto di insieme mi consentono inoltre di vedere la cosa da una prospettiva diversa. Segue dunque questo post a quello sulla lettera A.
Ero partita da una serie di campionari nati grazie all'ozio di una vacanza a Jesolo (progetto Conchiglierie). Le conchiglie erano state il pretesto per estrarre dalla scatola dei filati colori che forse mai avrei scelto altrimenti. Avevo costruito i campionari per imparare a comporre delle palette sfumate e, una volta ottenutele, mi ero trastullata a trovare esercizi che mi consentissero di usarli in modi differenti.
Selezionando i soli colori più chiari mi ero accorta che casualmente potevano coprire tutta la gamma dei colori naturali dei fiori delle lettere fiorite, a cui allora mi dedicavo in modo piuttosto ossessivo, e la scoperta che il grigio evocasse l'azzurro aveva iniziato a sgretolare i miei preconcetti percettivi, mettendomi di fronte alla mia ottusità, che cercava gli azzurri soltanto nella colonna degli azzurri della cartella colori.


Con quei colori selezionati avevo costruito ulteriori campionari che mettessero in luce la diversa resa dei colori su sfondi diversi e avevo scoperto quanto la stoffa di partenza ne alterasse la percezione.
Nacque una ghirlanda, il cui disegno è riportato a pagina 66. Avevo scelto una canapa antica proveniente da un torsello acquistato al mercatino dell'Antiquariato di Piazzola sul Brenta. Ci avevo ricavato un tendone che nascondesse il delirio del sottoscala, optando per un orlo cucito a macchina, vista la resistenza tenace del filo a farsi estrarre per un orlo a giorno. Ai lati avevo lasciato le belle cimose di questi pannelli tessuti a mano. 
Ogni canapone ha la sua ruvidezza. Su un piccolo pezzo d'altra origine avevo lavorato con delizia. Qui mi ero disfatta le dita. Però mi piace tanto.


Sul libro i colori delle iniziali sono più vivide. Credo che in parte i colori tinti a mano che avevo usato per il punto pieno si siano sbiaditi al lavaggio. Ma... Come qualcuno mi disse una volta, il vantaggio dei tinti con le erbe naturali è che, anche se sbiadiscono, sbiadiscono in modo naturale. E di fatto forse ora i colori sono meglio armonizzati.
Nel tempo ho visto che qualcuno ha riprodotto questa ghirlanda. Per esigenze di spazio non avevo mostrato l'espansione dei nastri del fiocco. Se può essere d'ispirazione a qualcuno, ecco come avevo risolto io...


Con la sfumatura completa avevo anche ricamato lettera a punto erba rasatello e punto pittura. Questa lettera non compare sul libro, ma trovo interessante postarla in quest'occasione, per dimostrare quanto materiale possa nascere da un'idea apparentemente sciocca e inutile, quale quella dei campionari delle conchiglie, e soprattutto quanto si possa imparare, a prescindere dal risultato.


Mi sono ritrovata proprio di recente a riflettere sulla domanda a cui siamo tutte costantemente costrette a rispondere, spesso con vago imbarazzo, quando mostriamo un lavoro d'ago: 

Che cosa ci fai poi con questo?

Se qualcuno vi mostrasse un disegno, vi passerebbe per la testa di rivolgere la stessa domanda? Non vi mettereste ad apprezzare o meno lo stile, a complimentarvi per le capacità grafiche ed espressive, a chiedere come ha fatto l'autore a diventare così bravo?
Forse vi trovereste a dire che il disegno è così bello che merita di essere inquadrato, ma la realtà è che siamo abituati a pensare al disegno e alla pittura come arte fine a se stessa e utile alla crescita di un individuo e al ricamo come ad una attività con una missione prettamente pratica e decorativa.
E vi confesso che in parte sono contenta che sia così e vi spiegherò perché quando avrò affinato una sensazione che ancora non ha le parole giuste, ma vi assicuro che è estremamente liberatorio abbandonare il fine ultimo e ricamare come ricerca. 

Che cosa ci fai poi con questo?
Probabilmente niente. Ma sapessi quante cose ho imparato eseguendolo!


Di come fu dunque l'Umbria ad aver ricamato me...

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Un po' di punto pieno dovevo per forza mettercelo.
Avevo immaginato tante cose. 
La più ornamentale, un decoro agli angoli invadente gli spazi liberi. Con magari delle piramidine a Punto Umbro sull'orlo.
Ma tutte le cose belle devono finire e in due giorni non sarebbe stato possibile.
Ho scelto di ricamare le mie iniziali, perché in fondo questo lavoro racconta la mia storia. 
Ho mescolato tecniche e dettagli, senza la pretesa che qualcuno segua il modello. Dal punto di vista stilistico probabilmente questi miscugli non hanno senso: lo hanno avuto per me, per riflettere ed evocare certe mie origini, ma agli altri questo racconto spero possa servire come spunto per lavori più snelli e pratici.



Mi sono complicata la vita e purtroppo ho commesso un po' di errori. Ma quell'intreccio che richiama le onde e l'arabesco... Come resistere?
Mi spiace non aver fotografato il ricamo prima del lavaggio (il sudario di quest'estate esigeva un bagnetto rilassante), perché sarebbe stato interessante far notare l'evoluzione degli errori, prima invisibili. In sostanza, ho fatto esattamente l'opposto di quello che raccomando sempre di non fare: ho caricato troppi punti in alcune intersezioni, con il risultato della distorsione di alcuni rami. Tanto per fare bella figura, potevo lavarlo prima e ricamarlo poi... Ma così è più istruttivo, giusto?!
Le intersezioni sono così tante che sconsiglio vivamente queste iniziali ai principianti. 
Però sono talmente belle che vi segnalo il libretto. Magari ricamandole a punto palestrina o con altro genere di ricamo vi venga in mente, i disegni potrebbero risultarvi utili.

Ho trovato questa splendida pubblicazione sull'Internet Archive. 



Come raramente accade, sono contemplati tutti gli intrecci e vi suggerisco di seguire l'ipnotico ordine sotto-sopra dei rami che si intersecano, nella loro commovente e mirabile perfetta eleganza.



Io ho scelto di evidenziare la S con il ricamo a tratti blu perché era una di quelle cose che prima o poi avrei voluto fare e che mi riporta alla S di Siena e ai marmi delle colonne e perché in fondo tutta questa mia storia nasce dalla famiglia e non da me. Dagli insegnamenti ricevuti e dall'essere stata trascinata contro la mia pigra volontà (come quella di tutti i bambini) in occasioni culturali che forse allora non capivo, ma che hanno lasciato un'impronta. E scrivo, per quel che vale, che bisogna resistere alla tentazione di pensare che i figli non siano interessati, resistere ai loro capricci e comunicare un interesse. Tutto torna nella vita, anche se prende forma propria e peculiare, diversa dall'intento originario.


Trovare il coraggio di postare il mio obbrobrio ad alta risoluzione è stata dura. 
Fate come me: guardatela sfocando un po' con gli occhi, così da non percepire le distorsioni.
Potrei vendervela dicendo che l'ho realizzata tutta distorta proprio per evocare quegli antichi lavori vissuti, che sono ceduti col passare dei secoli...
Vabbè.
Qui finisce quella parte della mia storia che ho ricordato accogliendo l'invito al tema Ricamare l'Umbria. Ringrazio le promotrici tutte, perché la riflessione, protrattasi per tutta l'estate, ha spalancato finestre di consapevolezza, generato idee e allontanato da alcuni meccanismi di mercato a cui inconsapevolmente ci facciamo (a volte doverosamente) prendere.
In ultima analisi, non fui io a Ricamare l'Umbria...
Fu l'Umbria, complice la sorella Toscana, con le sue selvagge ispirazioni e con l'offerta del suo mirabile patrimonio artistico e culturale, ad aver ornato la mia infanzia e, di conseguenza, ad aver guidato il mio cammino e influenzato tante mie scelte.


Arrivederci a Valtopina!

Quando è il bottone a dettare le regole

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Bottone di Laura Piani con decoro a III fuoco di Nadia Tomasetig
https://bottonienonsolo.it/

Ho conosciuto Laura Piani al castello di Levizzano, nel corso dell'edizione primaverile dell'anno scorso di Fili Senza Tempo. 
Sono stati i suoi bottoni a veicolare l'incontro. 
Sapete come succede... 
Sei lì che giri un po' sulle nuvole e poi ti blocchi, in questo caso attratta dal riflesso dello smalto, come quello di una madreperla sulla spiaggia, ma di bottoni in ceramica di rara bellezza, e poi tiri su gli occhi e cogli un altro bagliore, quello di occhi intelligenti.
Capisci le ragioni della infinita pazienza che ha portato ad elaborare pezzi così raffinati, dopo aver osservato la stessa persona subirsi la storia di vita di tua madre a cena, la sera stessa. 
Non è roba da tutti.
Sbancai il banco quel giorno e mi portai a casa un po' di bottoni.
Nel corso di quest'anno, ogni tanto scartavo la curata confezione, ipotizzandone un uso, ma assecondando i miei tempi biblici di elaborazione.
Poi, come succede, ma non dovrebbe succedere alle persone organizzate che sanno pianificare la loro esistenza, accantonai i doveri, presa da un raptus, e combinai la voglia di provare nuovi colori per i soggetti dell'album In un campo di grano (questo è il disegno di pag. 27), il desiderio di tornare a costruire una scatola, la frenesia di usare il bottone.
Siccome ho processi logici fossilizzati, per me il bottone deve funzionare da bottone. 
Ma mi rendo conto che è solo un mio problema.
Così decisi che il coperchio della scatola avrebbe dovuto essere vincolato ad un lato con una cerniera (per una apertura a ribalta) e venire chiuso dall'altro con un giro di cordoncino, come si fa nei diari di bordo in pelle.
Tagliai di getto un quadrato di stoffa e iniziai il mio viaggio.
Ahimè! Che sprovveduta!
Meglio sarebbe stato progettare, con un po' più di giudizio, una di quelle scatole fatte a libro... 
Non mi arrabbio. 
Prima o poi imparerò a non essere frettolosa. 
Forse dovrò comprare un altro bottone... 
Eh, eh! Tutto calcolato!


Sulle prime, mi ero immaginata di ricamare i papaveri con un arancio mattone rubato al petto del pettirosso. 
Niente da fare! Il colore più simile era lo stesso già proposto sull'album. 
Che noia! 
Volevo qualcosa di più trasgressivo. 
Così partii dal papavero in azzurro, senza sapere cosa sarebbe poi successo.
Il caso vuole che quell'azzurro che vi sembra di vedere sia in realtà il grigio 414, che evoca l'azzurro, come racconto nel precedente post.
Volevo qualcosa di sobrio, che lasciasse al bottone il protagonismo che merita. Una cornice senza troppi colori.
Così li ridussi drasticamente: tutte le foglie ricamate col DMC 3862, il grano con il 301, i papaveri col 414 e il 415 nei petali più chiari dei boccioli, un filo di 310 per gli stami dei papaveri e un 842 (ma in versione cotone da ricamo n°25 - art 107) per i vari punti vapore e picot a rammendo.
Tessuti Melange e Verde acqua di F.lli Graziano, lino 6262.


Dovessi riuscire ad imparare a servire il the senza rovesciare l'acqua...
Potrò far scegliere agli ospiti la bustina dalla mia nuova scatola...




Fiori tra le geometrie Sashiko

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Quasi un anno fa, la Gabriella mi diede uno scampolo su cui meditare.
Avrei dovuto seguire i tratteggi accennati sul pesante tessuto di cotone, e trovare il mio percorso.
Lo spazio meditativo di allora era scarso e dedicai alla cosa alcune ore di una frenetica settimana situata proprio a ridosso di Abilmente. 
Mi fu difficile, allora, anche solo decidere su quale lato scarabocchiare qualche rosellina, perché sia l'avorio di un lato che il grigetto dell'altro si sarebbero potuti sfruttare.
Eppure, nonostante l'ottundimento, mentre gli occhi si incrociavano tra le linee dei fiori a quattro petali che scorgevo, lentamente uno squarcio di consapevolezza si aprii, quando mi accorsi che, spostando l'attenzione dalle linee allo spazio, il disegno mutava e poteva prendere un aspetto insolito.

Ciascuno avrebbe potuto riconoscere le proprie linee.
Si sarebbe potuto divertire a estrarre dalla tela, senza l'obbligo del disegno, uno o più motivi base, da mettere in fila o alternare per costruire motivi complessi.

Mi aveva fatto ricordare quel concorso che veniva proposto sulla Settimana Enigmistica, in cui si chiedeva di fare un disegno a partire da un paio di linee spezzate. Incredibile cosa la mente conservi e quale bagaglio di ricordi a cascata scoperchi.
L'idea mi piaceva e restituii a Gabriella la pezza imbrattata, assicurando che ci avrei dovuto ancora lavorare sopra, perché due fili di muliné per un tessuto così si dimostravano fiacchi e perché i colori mi parevano sbiaditi.
Lei bel bella lo espose al suo stand ad Abilmente e poi anche a Bellaria e, con mia somma sorpresa, la cosa piacque anche così. Ci fu un divertente andirivieni per chiedermi i colori allo stand e un inutile tentativo da parte mia di suggerire colori con più contrasto.
C'è anche sul sito di Conti&Molinari!
https://www.contimolinari.it/prodotto/art-sashiko/


Poi quest'estate mi trovai di nuovo ad incrociare gli occhi sulle stesse linee e decisi di riprovarci, usando dei perlè e il disegno dei papaveri.

Volevo elaborare un progetto che facesse scena, ma che fosse di rapida esecuzione.
Dedicato a chi odia il riporto del disegno, ma ha voglia di ricamo classico.

Curiosamente, nello stesso momento iniziava ad impazzare il vero Sashiko.



Proprio dalle griglie dei veri disegni Sashiko (tradizione giapponese), mi ero costruita un foglio operativo su cui tracciare il progetto per una tovaglietta quadrata di circa 80 cm.
Mi ero ritagliata la forma base del papavero per delinearne facilmente e con rapidità la forma e avevo ripassato solo quelle linee che avrei ricamato.

Con un perlé DMC 580 avevo ricamato a tempo di record la filza lungo le linee e i rametti a punto mosca.
Con un filato Anchor di cui purtroppo ho perso il riferimento, ma molto simile al DMC 920 ho ricamato i papaveri, alla mia solita maniera.


Volevo un orlo un po' diverso, così provai a rovesciarlo sul dritto, accorgendomi che, se dimezzavo il petalo, la geometria combaciava perfettamente, ricostruendo il petalo stesso!
Fermai l'orlo con un punto strega e ricamai un po' di pippiolini ecrù nel punto in cui i petali si baciavano... Senza bisogno di misurare gli intervalli!


Gli angoli mi avevano messo un po' in agitazione, perché il risvolto su dritto era complicato dalla necessità di chiuderli con un sottopunto (che si rivelò facile e senza controindicazioni) e dal far tornare la simmetria del punto strega, cosa non facile, a meno che la fortuna non sia sempre dalla vostra parte.
Camuffai l'imprecisione con un decoro strategico, che pare infine progettato ad hoc...


Lanciai la staffetta meditativa a Loreta.
Lei incrociò gli occhi sulle geometrie e trovò la sua.
Optò per un orlo con un sottopunto...


Lasciò che le rose ancora una volta dicessero la loro...


Introdusse una geniale variante d'angolo...


Doveste trovarvi da quelle parti in quelle date...
Saremo a Fili Senza Tempo, presso lo stand di Conti & Molinari!
Io ci sarò il sabato!



Rete e ricamo su rete e poi ancora un po' di ricamo sul ricamo su rete

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La stanchezza di ritorno da una fiera come quella di Abilmente è più simile ad una sbornia, che a una notte insonne da neonato.
E quando guidi nel buio della tangenziale, che ondeggia pericolosamente ad ogni curva, tirando le somme degli eventi con la compagna di viaggio stracotta come te, partorisci idee divertenti da proporre l'anno successivo, perché proprio non riesci ad accettare, nonostante tutto, che i quattro giorni ti siano già sfarfallati fuori dal finestrino.
Si discuteva sulla missione comune dei titolari degli stand e della possibilità di lavorare tutti serenamente insieme, semplicemente attribuendosi un ruolo chiaro e manifesto, per raccontare, sempre con molto rispetto per il lavoro altrui, quale contributo il vissuto personale, oppure quello della scuola (o della associazione) abbia portato al proprio settore di competenza, invitando i visitatori ad andare ad osservare, ed ammirare, i lavori dei colleghi per cogliere le possibilità di approccio alternative.
Impresa rischiosa e delicata, nel caso di condivisione di intenti (ma sono motivata a scoprire che non è impossibile)...
Impresa facile e divertente, quando non può crearsi concorrenza, come in questo caso.


Io la rete a suo tempo l'ho fatta, improvvisandomi un po' con gran interesse (e chissà che un giorno non torni a fare qualcosa...), ma al momento proprio non avrei tempo, chè ho le mie solite tre-quattro cose da fare, con una cartella colori infinita da profanare.
Insomma io e la mia compagna di sventura, Emanuela Losco di Monteforte Ricama, abbiamo pensato di fare un lavoro a quattro mani, per invitare tutte le visitatrici reali e virtuali ad Abilmente il prossimo ottobre, a venirci a trovare, per guardare alla rete, o al ricamo classico, con un occhio diverso, o semplicemente con un occhio che salta divertito e curioso da uno stand all'altro.
Non siamo certo le prime a coniugare ricamo classico e rete.
Anzi il valore della collaborazione è stato quello di unire le forze alla conoscenza. E così ogni tanto mi arrivava o io spedivo un messaggio che invitava a valutare una foto antica, un pezzo in mostra, un'idea strampalata o una geniale. Tutto con la semplicità di un lavoro senza finalità commerciale, che possa offrire un'alternativa, far nascere una passione, incuriosire.


Non vi mostro il pezzo di partenza. L'ho abbrutito in modo vergognoso. Ci ho provato il palestrina, un po' di punto pieno, punti vapore senza senso. Non mi tornava, come proposta, di calcare troppo sul ricamo su rete, perfetto di per sè. Ho dunque optato solo per qualche elemento tridimensionale, con un cotone da ricamo sfumato n°25 molto bello che avevo preso in fiera, colore Compiegne 2017 di Fils a Soso.


Ce lo avevo così al mare, sulle ginocchia coperte da un vestitino nero, affascinata dal contrasto di quei colori sul fondo scuro, quando decisi che avrei dovuto montare il pezzo su una borsa nera, avendo escluso la trasparenza a causa dell'annullamento dei colori in controluce.


Ho usato una stoffa pelosetta che già aveva subito miei maltrattamenti ai tempi dell'Alfabeto a fiori e ho applicato la rete ritagliandola lungo il contorno ovale disegnato.


Poi ci ho ricamato sopra e il verde vibrava sul nero quasi quanto l'azzurro di quel mare che andavo a vedere dalla mia panchina sopra gli scogli, dove ho colto incredula la sagoma di un delfino saltare placida sul mare immenso e fermo, in un istante magico e fortuito in cui lo sguardo si è posato proprio lì e allora...

Non per forza iniziali, a punto pieno

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Dimentico sempre che, quando vado sopra ad una tela dipinta da Patrizia, non sono io a dirigere i giochi.
Il mio occhio pigro subito aveva selezionato un blanc, per un ricamo minimalista e giovane, come è il grembiule proposto da Conti e Molinari e dipinto da Patrizia Silingardi. 


Poi, insoddisfatto, aveva estratto dalla scatola un DMC 3865 e subito dopo un 3866. 
Quello era il tipo di bianco che ci voleva! 
Ma in un mondo privo di poesia.
Dunque l'ho cercata (la poesia), nel disordine del cassetto degli sfumati e si è fatto avanti un Shinagawa 336 di Fils à Soso.
Dentro c'è un po' di quel grigio perla che credevo bianco alla mia prima occhiata. 
E poi un azzurro che si incupisce e un arancio che si tinge di rosa.


Ho disegnato il cuore perché insomma sono tutti stufi che io faccia solo inziali, ma... 
Quanto ci starebbe bene una di queste? 
Album Sajou 342, foto del blog di Ramzi (patternmakercharts).


L'ho anche disegnato per riprovare uno sfumato col punto pieno e vedere come far tornare le punte, o i tratti presi insieme. Semplicemente ho tagliato via dalla gugliata il pezzo necessario a tornare al colore voluto.



Ci sarà ( ci saremo tutte) ad Abilmente, dal prossimo 17 ottobre!



Ci siamo inventate un gioco...

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Ci siamo inventate un gioco...
Vieni a trovarci ad Abilmente Vicenza, dal 17 al 20 ottobre 2019: riceverai in omaggio un disegno pensato da Elisabetta, ricamabile sulle splendide tele dipinte da Patrizia o sulle stoffe più adatte suggerite da Gabriella di Conti e Molinari!


Presenteremo il disegno ricamato in tre varianti: "Giocoso Natale" allo stand di Elisabetta, "Giocosa convivenza" allo stand di Patrizia, "Giocosi intrecci" allo stand di Conti e Molinari.
Vieni a trovarci, scatta una foto della versione che preferisci e delle istruzioni per ricamarlo, oppure semplicemente lasciati ispirare…
Fotocopia il disegno quante volte vuoi e regalalo alle amiche, portando loro i nostri più cari auguri!
BUON NATALE DA CONTI E MOLINARI, PATRIZIA SILINGARDI ED ELISABETTA SFORZA!


2020-mare

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Un anno fa avevo dichiarato al mondo che mi sarei ritirata nella mia casa estrema.
Le cose però non erano andate come previsto: un impulso improvviso mi aveva portato presto In un campo di grano e la corrente degli impegni familiari altrove.
Probabilmente le scelte di vita così drastiche vanno preparate.
E quest'estate è servita a capire in quale direzione remare, anche perché non escludo che la faccenda dell'impulso e quella della corrente non fossero altro che scuse per evadere da una impresa troppo difficile e bisognosa di obiettivi.


Terminati i corsi, abbandonate le cartelle di scuola e spogliatici di inutili giacche, io e la mia tribù avevamo mollato gli ormeggi, pronti a salpare ciascuno verso la propria meta.
Io avevo ripreso la Palette Follonica 2001, la lettura della Casa Estrema, alcuni studi sulla creatività e sulla pittura intuitiva ed ero tornata alle conchiglie, principalmente per capire il perché di alcuni miei meccanismi decisionali. 
Mi era successo già l'estate scorsa, con il lavoro per Valtopina. Protagonisti il mare, l'estate, una parentesi di quiete dalla vita frenetica, il ritorno ad un contatto intimo con la natura e le relazioni, il riappropriarsi di un atteggiamento contemplativo e meditativo. 


Vi racconterò con calma tutto, quando avrò nuovamente sgrovigliato la matassa del discorso, che mi si impasticcia di continuo, non appena vengo distratta dagli eventi.
Il punto è che mentre questo post automaticamente invade l'etere, io sono in fiera, ad Abilmente Vicenza e ho deciso, nonostante questi siano i soli pezzi prodotti, di esporli e addirittura stamparli su un segnalibro omaggio. Con la paura che non siano del tutto compresi e che forse non mi  contraddistinguano.
Ma i giochi ormai sono fatti.

Sapete che Abilmente è un appuntamento importante per me: è il mio ultimo dell'anno e l'inizio di quello nuovo. 
Il 2020 tra le conchiglie e tra le onde è il mio proposito.
Dedico queste immagini a quanti non potranno essere presenti, ringraziando tutti, ma proprio tutti, della costante presenza, silenziosa o manifesta che sia.



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